Sistema Nazionale di Valutazione e Inclusione Scolastica: rendicontazione sociale, GLI, GLO e ruolo del docente di sostegno

Il Sistema Nazionale di Valutazione: quadro generale

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Competenze Psicopedagogiche per il Docente Inclusivo

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Il Sistema Nazionale di Valutazione (SNV) rappresenta il meccanismo attraverso cui la scuola italiana monitora e comunica la qualità del proprio operato. Non si tratta di un mero adempimento burocratico, ma di un processo circolare che mira a sostenere il miglioramento continuo, promuovendo trasparenza e responsabilità verso la comunità educante.

Il percorso si articola in quattro fasi distinte ma interconnesse. La prima è l’autovalutazione, che si concretizza nella redazione del Rapporto di Autovalutazione (RAV). In questo documento, le istituzioni scolastiche analizzano dati interni ed esterni per individuare punti di forza e aree critiche, ponendo le basi per interventi mirati.

Segue la valutazione esterna, che coinvolge una selezione di scuole sottoposte a visite ispettive da parte di nuclei di esperti. Attraverso rubriche e griglie di osservazione, questi team forniscono un feedback esterno che consente di arricchire la prospettiva interna.

La terza fase riguarda il miglioramento. Le scuole, alla luce delle criticità individuate, pianificano azioni concrete da integrare nel Piano Triennale dell’Offerta Formativa (PTOF). Il PTOF diventa così il documento cardine che connette analisi, obiettivi e strategie operative.

Infine, la quarta fase è la rendicontazione sociale, con la quale l’istituzione scolastica restituisce al territorio i risultati raggiunti, evidenziando non solo gli esiti quantitativi (come livelli di apprendimento o riduzione della dispersione), ma anche le scelte educative e organizzative alla base dei traguardi conseguiti.

Questa impostazione riflette i principi sanciti dal DPR 80/2013, che ha istituito formalmente il SNV, collocandolo all’interno di un quadro di governance ispirato al miglioramento continuo. La logica sottesa è affine al ciclo di Deming (Plan-Do-Check-Act), adottato in numerosi sistemi di qualità a livello internazionale: pianificare, agire, verificare e riorientare.

Il valore del SNV non si esaurisce quindi nella dimensione tecnica, ma assume anche una funzione strategica. Da un lato, contribuisce a consolidare la fiducia delle famiglie e degli stakeholder; dall’altro, promuove un approccio riflessivo che rafforza la professionalità dei docenti e la capacità delle scuole di adattarsi a contesti in continua evoluzione.

Dal PAI al Piano per l’Inclusione (PI): strumenti e funzioni

Accanto al Sistema Nazionale di Valutazione, le scuole italiane sono chiamate a sviluppare strumenti specifici per garantire l’inclusione. Negli ultimi anni, il Piano Annuale per l’Inclusività (PAI) è stato progressivamente sostituito dal Piano per l’Inclusione (PI), un documento più articolato e integrato con la programmazione didattico-organizzativa.

Il PI ha il compito di fotografare la situazione dell’inclusione scolastica in un determinato momento, individuando al tempo stesso obiettivi di sviluppo per l’anno successivo. Questo lo rende un documento di natura strategica, non solo descrittiva, capace di connettere analisi e progettualità.

La struttura del PI

Il Piano per l’Inclusione si articola generalmente in due grandi sezioni.
La prima riguarda l’analisi del contesto: qui vengono messi in evidenza i punti di forza e le criticità del sistema scuola, con riferimento a diversi ambiti. Tra questi vi sono le risorse professionali interne (docenti di sostegno, funzioni strumentali, referenti per l’inclusione), i rapporti con i servizi territoriali e socio-sanitari, la disponibilità di strumenti tecnologici o di supporto e le caratteristiche del contesto ambientale.

La seconda sezione è dedicata agli obiettivi di sviluppo. In questa parte, la scuola definisce una visione inclusiva per l’anno scolastico successivo, individuando azioni concrete per ridurre barriere e incrementare opportunità di apprendimento. Le strategie comprendono, ad esempio, la formazione dei docenti, la collaborazione con enti locali, il potenziamento dei laboratori, l’adozione di metodologie inclusive e il coinvolgimento attivo delle famiglie.

Il ruolo del Gruppo di Lavoro per l’Inclusione (GLI)

La redazione del PI è affidata al Gruppo di Lavoro per l’Inclusione (GLI), organismo collegiale interno all’istituto. Il GLI ha una composizione ampia: vi partecipano il dirigente scolastico, docenti curricolari e di sostegno, rappresentanti dei genitori ed eventualmente esperti esterni.

Questo gruppo ha il compito di raccogliere dati, elaborare analisi e formulare proposte che confluiscono nel piano. Si riunisce almeno una volta l’anno, ma può essere convocato più frequentemente in caso di esigenze particolari. Il GLI rappresenta un laboratorio di corresponsabilità, in cui la prospettiva pedagogica incontra quella sociale e organizzativa.

Un documento dinamico

Il PI non deve essere inteso come un semplice atto amministrativo, bensì come un processo dinamico. Esso orienta le scelte della scuola, favorisce il coordinamento con le politiche territoriali e permette di dare coerenza alle pratiche quotidiane di inclusione. Alcuni Uffici Scolastici Regionali hanno messo a disposizione schemi e modelli esemplificativi, che possono fungere da guida senza però sostituirsi alla necessaria personalizzazione da parte delle singole scuole.

La rendicontazione sociale: trasparenza, dialogo e responsabilità

La rendicontazione sociale costituisce la fase conclusiva del Sistema Nazionale di Valutazione (SNV) ed è lo strumento con cui la scuola restituisce alla comunità educante i risultati del proprio lavoro. Non si tratta soltanto di una comunicazione formale: essa rappresenta un atto di responsabilità verso famiglie, studenti, istituzioni locali e, più in generale, verso il territorio.

L’obiettivo principale è duplice. Da un lato, garantire trasparenza, mostrando in maniera chiara come sono state impiegate le risorse e quali traguardi sono stati raggiunti; dall’altro, promuovere la condivisione dei risultati, stimolando un confronto che possa generare ulteriore miglioramento.

Mission, vision e valori di riferimento

Alla base della rendicontazione vi è l’identità stessa della scuola, definita attraverso tre dimensioni chiave:

  • Mission: descrive chi è la scuola, cosa fa e quali funzioni educative svolge.
  • Vision: proietta la scuola nel futuro, delineando gli obiettivi di crescita e di sviluppo.
  • Valori di fondo: costituiscono i principi che guidano le scelte, come inclusione, equità, sostenibilità o apertura al territorio.

Questi tre elementi devono rimanere in equilibrio con le risorse effettivamente disponibili, per evitare il rischio di fissare obiettivi troppo ambiziosi o, al contrario, poco significativi.

Specchio e finestra: due metafore esplicative

Due immagini ricorrenti aiutano a comprendere la funzione della rendicontazione sociale. La prima è quella dello specchio: la scuola osserva se stessa, analizza i risultati ottenuti, verifica se i progetti hanno prodotto effetti concreti in termini di apprendimento, partecipazione e riduzione della dispersione scolastica. La seconda è quella della finestra aperta: l’istituzione scolastica si apre al territorio, condividendo dati e scelte strategiche, costruendo un dialogo costruttivo con stakeholder diversi, dalle famiglie agli enti locali.

Benefici e opportunità

Quando attuata correttamente, la rendicontazione sociale genera benefici significativi. Rafforza la credibilità dell’istituto, valorizza l’uso dei fondi pubblici, favorisce il coordinamento con le reti territoriali e diffonde pratiche educative di qualità. Inoltre, consolida l’idea che la scuola non appartenga soltanto a studenti e insegnanti, ma sia patrimonio comune, da sostenere attraverso l’impegno condiviso.

Criticità e ostacoli

Non mancano tuttavia difficoltà operative. Molte scuole incontrano problemi nel raccogliere e sintetizzare dati complessi, oppure devono fare i conti con carenze di personale e strumenti informatici adeguati. In alcuni casi, i documenti prodotti rischiano di essere percepiti come meri adempimenti burocratici, privi di reale ricaduta sulle pratiche educative.

La sfida è dunque quella di trasformare la rendicontazione sociale da obbligo formale a strumento strategico, capace di orientare le scelte e rafforzare il legame tra scuola e comunità.

Contenuti della rendicontazione sociale e logica del miglioramento continuo

La rendicontazione sociale non è un semplice riepilogo di dati, ma un documento ragionato che deve mettere in evidenza sia i risultati conseguiti, sia le scelte strategiche alla base delle azioni educative. Il Ministero dell’Istruzione individua due principali categorie di contenuti da includere.

Risultati legati all’autovalutazione e al miglioramento

In questa sezione confluiscono gli esiti del Rapporto di Autovalutazione (RAV), i traguardi raggiunti nei percorsi di miglioramento e i risultati conseguiti dagli studenti, valutati anche attraverso prove standardizzate nazionali o internazionali. Viene data attenzione allo sviluppo delle competenze chiave europee e agli esiti a medio-lungo termine, come la prosecuzione degli studi o l’inserimento lavorativo.

Risultati legati alla progettualità della scuola

Questa parte documenta gli interventi messi in campo nell’ambito del Piano Triennale dell’Offerta Formativa (PTOF). Tra i contenuti vi rientrano i progetti didattici e organizzativi, le innovazioni metodologiche (come cooperative learning, didattica laboratoriale, approcci metacognitivi), le attività di orientamento e le collaborazioni con enti locali, imprese, università e associazioni.

Cosa evitare

Un errore frequente consiste nel limitarsi a ripetere quanto già presente nel RAV, senza aggiungere una riflessione sulle scelte pedagogiche e organizzative. La rendicontazione dovrebbe sempre offrire una sintesi critica, capace di connettere dati e visione strategica.

Esempi di progettualità da rendicontare

  • l’introduzione dell’educazione civica, secondo le linee guida del 2019;
  • iniziative per l’inclusione degli studenti con bisogni educativi speciali (BES) e disabilità;
  • progetti di service learning o di outdoor education;
  • sperimentazioni legate al digitale e al PNRR, in particolare negli ambiti STEM;
  • collaborazioni culturali e sportive con il territorio.

Il modello PDCA: un riferimento operativo

La logica sottostante alla rendicontazione sociale può essere ricondotta al ciclo di Deming (Plan-Do-Check-Act), ampiamente utilizzato nei sistemi di qualità. Applicato alla scuola, esso prevede:

  1. Plan (Pianificare): definizione di obiettivi e priorità nel RAV e nel PTOF.
  2. Do (Agire): attuazione di progetti e azioni.
  3. Check (Verificare): monitoraggio dei risultati e analisi delle criticità.
  4. Act (Migliorare): revisione delle strategie e ridefinizione degli obiettivi.

In questo modo, la rendicontazione sociale diventa il momento in cui la scuola riflette criticamente, riallinea mission e vision e riparte con nuove priorità per il triennio successivo.

Gli attori dell’inclusione scolastica: una rete multilivello

Il sistema dell’inclusione scolastica in Italia si fonda su una rete di organismi che operano a diversi livelli, con funzioni complementari. Questa articolazione garantisce coerenza tra politiche nazionali, coordinamento territoriale e pratiche operative nelle scuole.

GLIR – Gruppi di Lavoro Interistituzionali Regionali

Istituiti presso ciascun Ufficio Scolastico Regionale, i GLIR hanno un ruolo di consulenza e supporto. Le loro attività riguardano soprattutto la formazione del personale docente e la promozione di politiche inclusive a livello regionale. Operano come punto di raccordo tra scuole, enti locali e servizi sanitari, contribuendo alla diffusione di linee guida comuni.

GIT – Gruppi per l’Inclusione Territoriale

I GIT operano a livello provinciale o di ambito territoriale. Sono composti da docenti esperti di inclusione, formati secondo l’approccio bio-psicosociale dell’ICF (Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute). Offrono consulenza alle scuole, in particolare nella predisposizione dei Piani Educativi Individualizzati (PEI) e nell’utilizzo di strumenti e tecnologie di supporto. Il loro compito è anche quello di rafforzare la corresponsabilità educativa, favorendo il dialogo tra famiglie, istituzioni e servizi.

GLI – Gruppi di Lavoro per l’Inclusione

Ogni istituto scolastico è tenuto a costituire un GLI. Si tratta di un organismo collegiale interno, composto dal dirigente scolastico, da docenti curricolari e di sostegno, da rappresentanti dei genitori e, in alcuni casi, da esperti esterni. Il GLI ha il compito di elaborare e aggiornare il Piano per l’Inclusione (PI), definendo linee di indirizzo generali per l’istituto. Rappresenta il luogo di confronto in cui esigenze didattiche, risorse professionali e prospettive pedagogiche si integrano in una visione comune.

GLO – Gruppi di Lavoro Operativi per l’Inclusione

A livello del singolo alunno con disabilità viene istituito il GLO, che coinvolge tutti i docenti della classe, il docente di sostegno, la famiglia, specialisti dell’Unità di Valutazione Multidisciplinare e il dirigente o un suo delegato. Il GLO redige, attua e aggiorna il PEI, verificandone periodicamente l’efficacia. È previsto inoltre che, nel rispetto del principio di autodeterminazione, lo studente stesso possa partecipare alle riunioni, soprattutto nei casi in cui sia in grado di esprimere bisogni e aspirazioni.

Una governance inclusiva

Questi quattro organismi formano una rete multilivello, capace di integrare dimensione strategica, coordinamento territoriale e azione concreta in classe. La loro collaborazione consente di costruire percorsi personalizzati e coerenti, rafforzando il principio di inclusione come valore fondante della scuola italiana.

Il docente di sostegno: risorsa per la classe e promotore di inclusione

La figura del docente di sostegno rappresenta uno degli elementi più innovativi del modello italiano di inclusione. A differenza di quanto accade in altri sistemi scolastici, la normativa italiana stabilisce che il docente di sostegno sia assegnato alla classe e non al singolo alunno con disabilità. Questo principio, ribadito dalla legge 104/1992 e dalle successive disposizioni, riflette una visione pedagogica che considera l’inclusione come responsabilità collettiva.

Un supporto per l’intero gruppo classe

Il docente di sostegno non è dunque “l’insegnante dell’alunno disabile”, ma una risorsa professionale a disposizione di tutti. La sua funzione principale è collaborare con i colleghi curricolari nella progettazione didattica, favorendo la partecipazione di ciascuno studente. Questo significa promuovere attività inclusive, adottare strumenti compensativi, proporre metodologie attive e personalizzare gli apprendimenti.

Una funzione relazionale

Accanto al piano didattico, il docente di sostegno svolge un ruolo fondamentale nelle dinamiche relazionali. Media conflitti, facilita il dialogo tra studenti, valorizza le diversità come occasione di crescita comune. In questo senso, contribuisce a creare un clima di classe positivo, condizione essenziale per l’apprendimento e il benessere.

Un ponte con il territorio

Il docente di sostegno agisce anche come raccordo con il territorio. Collabora con famiglie, servizi socio-sanitari, enti locali e specialisti esterni, soprattutto nei casi di disabilità sensoriali o complesse. La sua azione non si limita quindi all’aula, ma si estende a una rete più ampia di attori che concorrono al progetto educativo.

Verso una cultura inclusiva

Il valore del docente di sostegno non si esaurisce nella gestione dei singoli casi. Egli è promotore di una cultura inclusiva che attraversa l’intera comunità scolastica. In questa prospettiva, ogni studente deve avere la possibilità di esprimere il proprio potenziale, indipendentemente da eventuali difficoltà o condizioni personali.

Una professionalità strategica

Essere docente di sostegno significa quindi ricoprire un ruolo strategico, che richiede competenze pedagogiche, relazionali e organizzative. Si tratta di una figura che lavora in sinergia con i colleghi curricolari, con l’obiettivo di trasformare la classe in un ambiente realmente accogliente e orientato al benessere di tutti.

In sintesi, il docente di sostegno è un facilitatore di processi inclusivi e un costruttore di ponti tra scuola, famiglia e comunità. Il suo contributo non solo supporta i percorsi individuali degli studenti con disabilità, ma favorisce una crescita collettiva che rende la scuola un luogo di apprendimento equo e condiviso.

Leadership scolastica e leadership condivisa

La qualità dei processi educativi e organizzativi di una scuola è fortemente influenzata dallo stile di leadership esercitato al suo interno. La ricerca educativa evidenzia come la guida del dirigente e del suo staff possa incidere in modo significativo su vari aspetti, tra cui il senso di autoefficacia dei docenti e il clima scolastico. Un dirigente capace di creare fiducia, collaborazione e motivazione contribuisce a rafforzare la convinzione degli insegnanti di poter fare la differenza nell’apprendimento degli studenti.

Il ruolo del dirigente scolastico

Il dirigente non agisce solo come amministratore o garante della normativa, ma come leader educativo. La sua capacità di coordinare, ispirare e valorizzare le professionalità interne influisce direttamente sulla qualità dei processi didattici. Un dirigente attento non si limita a stabilire regole, ma costruisce condizioni favorevoli perché i docenti possano innovare, sperimentare e sentirsi parte di un progetto comune.

La leadership condivisa

Negli ultimi anni si è diffuso il modello di leadership condivisa, che supera la visione verticale e centralizzata. Questo approccio prevede il coinvolgimento di più figure – docenti, studenti, famiglie e persino soggetti esterni – nella gestione della scuola. La leadership diventa così un processo sociale diffuso, in cui ciascuno può contribuire con competenze ed esperienze.

Un esempio significativo di leadership condivisa si è manifestato durante la pandemia: in molte scuole, genitori e studenti con competenze tecnologiche hanno supportato l’organizzazione della didattica a distanza, dimostrando come il sapere diffuso possa integrarsi con la gestione scolastica.

Livelli di leadership

Secondo alcuni modelli europei, la leadership può essere esercitata su tre piani:

  • Micro: nella relazione quotidiana tra docenti e studenti.
  • Meso: all’interno della scuola e tra reti di scuole.
  • Macro: nel dialogo con università, enti locali, istituti di ricerca e realtà del territorio.

Questa articolazione sottolinea come la scuola non sia un’istituzione isolata, ma un organismo aperto e interconnesso, capace di co-costruire valore insieme ad altri attori sociali.

Vantaggi di un approccio condiviso

La leadership distribuita offre numerosi benefici: garantisce continuità nei momenti di cambiamento dirigenziale, valorizza le competenze diffuse, aumenta il senso di appartenenza e stimola la corresponsabilità. Come sottolinea la studiosa Alma Harris, la leadership condivisa non è un atto individuale, ma un processo collettivo orientato a obiettivi comuni.

Il docente di sostegno e la scuola inclusiva del futuro

Guardando alle prospettive di lungo termine, la figura del docente di sostegno si conferma centrale nella trasformazione della scuola in un ambiente realmente inclusivo e orientato al benessere di tutti gli studenti. La sua professionalità, già oggi fondamentale, sarà sempre più chiamata a integrarsi con i cambiamenti sociali, culturali e tecnologici che investono il sistema educativo.

Il docente di sostegno come risorsa trasversale

Secondo la normativa italiana, il docente di sostegno non appartiene esclusivamente all’alunno con disabilità, ma a tutta la classe. Questa impostazione è destinata a rafforzarsi, trasformando il docente in una risorsa trasversale che contribuisce al miglioramento del clima di apprendimento complessivo. La sua azione, infatti, favorisce la personalizzazione didattica, la progettazione condivisa e l’adozione di metodologie innovative a beneficio dell’intero gruppo.

Inclusione come principio educativo universale

L’inclusione non può essere interpretata come un obiettivo limitato agli studenti con bisogni educativi speciali, ma come un principio fondante della scuola del futuro. In questa prospettiva, ogni studente deve poter esprimere le proprie potenzialità, indipendentemente da condizioni personali, socio-economiche o culturali. La diversità diventa così un valore educativo, capace di arricchire la comunità scolastica e di stimolare competenze di cittadinanza attiva.

La scuola come learning hub

L’idea di scuola si va progressivamente trasformando in quella di learning hub, ovvero un centro di apprendimento aperto, flessibile e in dialogo costante con il territorio. Questo implica collaborazioni strutturate con enti locali, associazioni, università, biblioteche e realtà culturali e sportive. In tale contesto, il docente di sostegno assume un ruolo di facilitatore e mediatore, contribuendo a mettere in rete risorse e opportunità formative.

Simboli di cambiamento: luce e onda

In un’ottica più valoriale, il docente di sostegno può essere rappresentato come una luce, che illumina percorsi di crescita e possibilità di apprendimento, e come un’onda, che diffonde buone pratiche e stimola processi di trasformazione collettiva. La sua funzione diventa dunque simbolo di una scuola che si rinnova e che mette l’inclusione al centro della propria identità.

In conclusione, il futuro della scuola inclusiva passa anche attraverso la valorizzazione del docente di sostegno come ponte tra persone, risorse e contesti. Il suo lavoro non si limita a supportare singoli percorsi educativi, ma contribuisce a orientare l’intera comunità scolastica verso un modello di apprendimento equo, collaborativo e aperto al cambiamento.

Box riassuntivo

Punti chiave

  • Il Sistema Nazionale di Valutazione si articola in autovalutazione, valutazione esterna, miglioramento e rendicontazione sociale.
  • Il Piano per l’Inclusione (PI) fotografa lo stato dell’arte e definisce obiettivi strategici annuali.
  • La rendicontazione sociale è strumento di trasparenza e dialogo con il territorio.
  • La governance inclusiva si basa su GLIR, GIT, GLI e GLO, ognuno con compiti specifici.
  • Il docente di sostegno è risorsa per tutta la classe e ponte con la comunità educante.
  • La leadership condivisa rafforza la resilienza e la corresponsabilità della scuola.

Errori comuni

  • Limitarsi a compilazioni burocratiche senza reale coinvolgimento del personale.
  • Definire obiettivi troppo numerosi o poco realistici.
  • Considerare il docente di sostegno come insegnante “dell’alunno disabile” invece che risorsa trasversale.
  • Ridurre la rendicontazione a un elenco di dati, senza riflessione critica.

Checklist operativa

  • Redigere il RAV con dati aggiornati e analisi critica.
  • Pianificare azioni di miglioramento coerenti con il PTOF.
  • Elaborare il PI con il coinvolgimento attivo del GLI.
  • Organizzare incontri periodici dei GLO per monitorare i PEI.
  • Pubblicare la rendicontazione sociale in modo accessibile e trasparente.

Suggerimenti operativi

  • Valorizzare le pratiche di inclusione già presenti e condividerle come buone prassi.
  • Creare sinergie con enti locali, servizi sanitari e associazioni del territorio.
  • Utilizzare strumenti digitali per raccogliere e analizzare i dati in modo efficiente.
  • Promuovere momenti di formazione condivisa per docenti curricolari e di sostegno.
  • Favorire il coinvolgimento attivo di studenti e famiglie nelle decisioni strategiche.

Fonti e letture consigliate

  • DPR 80/2013 – Regolamento sul Sistema Nazionale di Valutazione in materia di istruzione.
  • Legge 104/1992 – Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate.
  • MIUR, Linee guida per l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità, 2009.
  • Ministero dell’Istruzione e del Merito, Linee guida per l’educazione civica, 2019.
  • OECD, Education Policy Outlook – rapporti comparativi sui sistemi educativi.
  • Ianes D., La specializzazione per il sostegno didattico: prospettive inclusive, Erickson.
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