Dal concetto di integrazione all’inclusione: le basi culturali e pedagogiche del PEI

Un percorso di cambiamento nella scuola italiana ed europea

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Negli ultimi decenni il mondo della scuola ha vissuto una trasformazione profonda nel modo di affrontare la diversità e la disabilità. Se un tempo prevaleva un modello di tipo assistenzialistico, centrato soprattutto sull’“integrazione” intesa come inserimento dell’alunno con disabilità all’interno della classe senza però modificare realmente il contesto, oggi la prospettiva è radicalmente diversa. La parola chiave è inclusione, un concetto che non si limita a garantire la presenza fisica dello studente, ma che mira a creare un ambiente di apprendimento capace di valorizzare le potenzialità di ciascuno, eliminando barriere e favorendo la partecipazione attiva.

Questo cambio di paradigma non è nato all’improvviso, ma si è sviluppato attraverso tappe legislative e culturali precise, in Italia e in Europa, sostenute da conferenze, documenti internazionali e politiche nazionali.

Il ruolo delle conferenze internazionali e delle linee guida

Un momento cruciale si colloca nel 2013, quando l’Agenzia Europea per i Bisogni Educativi Speciali e l’Inclusione ha organizzato una conferenza con il coinvolgimento di famiglie, persone con disabilità, ricercatori, istituzioni e operatori scolastici. Da quell’incontro sono emersi cinque messaggi chiave per l’inclusione, che costituiscono una sorta di bussola culturale per la costruzione dei moderni Piani Educativi Individualizzati (PEI):

  • La diagnosi precoce è fondamentale: individuare tempestivamente i bisogni educativi consente di predisporre percorsi mirati e di attivare strategie di sostegno efficaci.
  • L’educazione inclusiva è un beneficio per tutti: non riguarda solo l’alunno con disabilità, ma arricchisce l’intera comunità scolastica e sociale.
  • Servono professionisti qualificati: insegnanti e operatori devono possedere non solo competenze tecniche, ma anche sensibilità etica e capacità relazionali.
  • Occorrono sistemi di sostegno e finanziamenti adeguati: non bastano le risorse economiche, è necessario un capitale umano e organizzativo ben strutturato.
  • I dati devono essere attendibili e condivisi: la raccolta e l’analisi di informazioni affidabili permettono di monitorare l’efficacia delle pratiche inclusive e di orientare le scelte future.

Questi punti, seppur generali, hanno contribuito a definire una cornice culturale comune all’interno della quale si è progressivamente collocata la normativa nazionale.

Dall’esclusione all’inclusione: la specificità italiana

In Italia il percorso è stato particolarmente articolato. Negli anni Settanta e Ottanta si è assistito al superamento delle scuole speciali e al progressivo inserimento degli alunni con disabilità nelle classi comuni. La cosiddetta “integrazione scolastica” ha rappresentato un passo avanti importante, ma non sufficiente: in molti casi lo studente restava un soggetto “aggiunto” e non pienamente coinvolto nella vita del gruppo.

Le tappe normative più rilevanti includono:

  • Legge 104/1992, che ha definito i diritti delle persone con disabilità e introdotto strumenti di sostegno scolastico.
  • Direttiva del 27 dicembre 2012, che ha ampliato il concetto di bisogni educativi speciali (BES), includendo non solo le disabilità certificate ma anche altre condizioni di svantaggio.
  • Legge 107/2015 (La Buona Scuola), che ha rafforzato l’autonomia delle istituzioni scolastiche e previsto strumenti di pianificazione inclusiva (come il Piano Annuale per l’Inclusione).
  • Decreti attuativi del 2017, che hanno introdotto importanti novità nella valutazione e nella progettazione personalizzata.

Tutte queste tappe hanno preparato il terreno per il 2020, anno in cui è stato adottato il modello nazionale di PEI, costruito secondo un approccio unitario e accompagnato da linee guida ministeriali.

Il PEI come strumento di comunità

Il nuovo PEI non è soltanto un documento burocratico: è un dispositivo pedagogico e organizzativo che obbliga la comunità scolastica ad assumere un ruolo attivo e corresponsabile. Viene redatto dal Gruppo di Lavoro Operativo per l’Inclusione (GLO), che riunisce insegnanti curricolari e di sostegno, famiglie, specialisti sanitari, assistenti all’autonomia e, quando possibile, lo stesso studente, in linea con il principio di autodeterminazione.

Si tratta dunque di uno strumento che riflette l’idea di scuola come comunità educante, in cui la collaborazione tra istituzioni, famiglie e territorio diventa essenziale.

Approfondimento originale: il confronto internazionale

Un aspetto spesso trascurato è che il percorso italiano si inserisce in un quadro più ampio. Paesi come la Finlandia e il Canada hanno da tempo adottato modelli educativi centrati sull’osservazione sistematica degli alunni e sulla personalizzazione degli interventi, con un’attenzione particolare al contesto e alle barriere ambientali.

Rispetto a questi modelli, l’Italia ha scelto una via originale: ha anticipato molti altri Paesi nel garantire l’accesso universale alla scuola comune, ma solo negli ultimi anni ha iniziato a rafforzare la qualità degli strumenti di progettazione, rendendo il PEI un documento dinamico, collegiale e realmente orientato al progetto di vita dello studente.

Il modello ICF e la prospettiva biopsicosociale

Dal deficit al funzionamento: un cambio di prospettiva

Per lungo tempo l’osservazione degli alunni con disabilità è stata condotta con strumenti centrati soprattutto sul deficit, cioè sulle limitazioni e sulle mancanze rispetto a un modello “normativo” di sviluppo. La diagnosi funzionale tradizionale si basava proprio su questo approccio: individuava ciò che lo studente non era in grado di fare, fornendo un elenco di difficoltà senza offrire una visione completa della persona.

Con l’introduzione dell’ICF (International Classification of Functioning, Disability and Health) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, adottato in Italia a partire dagli anni Duemila, cambia radicalmente il punto di vista. L’attenzione si sposta sul funzionamento globale della persona, ossia su come l’alunno vive, apprende e partecipa in un contesto reale. Non più, dunque, “ciò che manca”, ma ciò che funziona e può essere valorizzato.

Questa prospettiva porta a considerare lo studente come un sistema complesso in cui interagiscono variabili biologiche, psicologiche, sociali e ambientali. È il modello biopsicosociale, che supera la visione lineare e statica della disabilità.

Tre livelli di osservazione

Secondo l’ICF, la valutazione dello studente deve avvenire su almeno tre livelli complementari:

  • Funzioni e strutture corporee: riguardano gli aspetti cognitivi, motori, sensoriali e fisiologici. Possono includere tanto le difficoltà quanto i punti di forza.
  • Attività e partecipazione: si riferiscono alla capacità di svolgere compiti scolastici, di partecipare alla vita sociale, di raggiungere forme di autonomia.
  • Fattori contestuali: includono sia le barriere (architettoniche, organizzative, relazionali) sia i facilitatori (strumenti compensativi, supporto dei compagni, atteggiamenti inclusivi degli adulti).

A questi tre livelli, pur non esplicitamente previsti nell’ICF, si aggiungono spesso anche i fattori personali: motivazioni, interessi, stili di apprendimento, dimensioni affettive. Questi elementi risultano determinanti per delineare un profilo realistico e dinamico dello studente.

Dal singolo al contesto: una scuola che osserva e personalizza

L’applicazione pratica dell’ICF significa passare da un modello centrato esclusivamente sull’individuo a uno che guarda in modo integrato alla relazione tra alunno e contesto. Ad esempio, descrivere uno studente con paralisi non significa più solo registrare la difficoltà a deambulare, ma osservare come egli si muove con la carrozzina, in quali ambienti riesce ad essere autonomo e quali barriere riducono la sua partecipazione.

Analogamente, un ragazzo con autismo ad alto funzionamento può mostrare difficoltà in ambienti rumorosi ma eccellere in piccoli gruppi strutturati o in attività che seguono routine prevedibili. Questo porta a valorizzare non solo i limiti, ma soprattutto i talenti e le passioni: lo sport, l’arte, la musica possono diventare strumenti potenti di inclusione e motivazione.

Il valore educativo dell’ambiente di apprendimento

Il contesto non si limita alle persone, ma include anche gli spazi e le tecnologie. L’architettura della scuola, la presenza di laboratori, l’uso delle ICT (Information and Communication Technologies) e persino l’organizzazione degli spazi influiscono sulla qualità dell’inclusione. Modelli europei come quello promosso da European Schoolnet sottolineano l’importanza di ambienti diversificati: spazi per lo studio individuale, aree per il lavoro di gruppo, laboratori esperienziali.

In questo senso, l’ICF invita le scuole a considerare l’ambiente di apprendimento come parte integrante del progetto educativo, non come un elemento neutro.

Approfondimento originale: implicazioni etiche e pedagogiche

L’adozione del modello ICF non rappresenta solo un adeguamento tecnico, ma un vero e proprio cambio di mentalità. Implica il riconoscimento del diritto di ogni studente a essere visto nella sua globalità, non come “portatore di bisogni” ma come persona con potenzialità.

Dal punto di vista pedagogico, ciò significa adottare metodologie flessibili: didattica cooperativa, apprendimento per competenze, approcci metacognitivi. Dal punto di vista etico, comporta un impegno concreto a rispettare la dignità, l’autodeterminazione e la partecipazione attiva dell’alunno.

Il PEI come strumento operativo: struttura e responsabilità del GLO

Un documento collegiale e dinamico

Il Piano Educativo Individualizzato (PEI) rappresenta oggi uno degli strumenti più avanzati per promuovere l’inclusione scolastica. Non è un modulo statico da compilare una volta per tutte, ma un documento dinamico, che accompagna lo studente nel corso dell’anno scolastico e che può essere aggiornato in base ai cambiamenti delle sue condizioni e dei suoi progressi.

Il PEI si compone di 12 sezioni, ciascuna delle quali corrisponde a un aspetto specifico del percorso formativo, dall’anagrafica ai dati sanitari, dagli obiettivi educativi alle misure di sostegno, fino alle modalità di valutazione. Questa articolazione consente una visione completa dell’alunno, in cui trovano spazio non solo le difficoltà, ma anche le capacità, gli interessi e i progetti di vita.

La composizione del GLO

Il cuore del processo di redazione è il Gruppo di Lavoro Operativo per l’Inclusione (GLO), istituito dalla normativa italiana per garantire un approccio realmente collegiale. Il GLO è composto da:

  • Docenti del consiglio di classe, sia curricolari sia di sostegno.
  • Dirigente scolastico, che presiede o delega un referente.
  • Genitori dello studente, considerati partner fondamentali.
  • Specialisti sanitari dell’ASL o di enti accreditati, responsabili della stesura del profilo di funzionamento.
  • Assistenti all’autonomia e alla comunicazione, quando previsti.
  • Studente stesso, nella scuola secondaria di secondo grado, se le condizioni lo permettono, in un’ottica di autodeterminazione.
  • Eventuali esperti esterni, senza vincoli contrattuali con la famiglia, che possono avere un ruolo consultivo.

Questa composizione mostra come il PEI non sia proprietà esclusiva della scuola, ma un prodotto corale, espressione di una rete di responsabilità condivise.

Dal profilo di funzionamento al progetto individuale

Le prime tre sezioni del PEI hanno una funzione preliminare e fondamentale:

  • Quadro informativo: dati dello studente, informazioni di contesto, composizione del GLO.
  • Elementi desunti dal profilo di funzionamento: documento redatto dall’unità multidisciplinare dell’ASL insieme a scuola e famiglia, che sostituisce la vecchia diagnosi funzionale e il profilo dinamico funzionale.
  • Raccordo con il progetto individuale: collegamento con il documento che il Comune di residenza, in collaborazione con i servizi, redige per definire le misure socio-assistenziali, sanitarie e abitative utili al progetto di vita della persona.

Questa integrazione sottolinea come il PEI non debba limitarsi a stabilire obiettivi scolastici, ma debba inserirsi in un orizzonte di vita più ampio, coerente con il principio di equità e cittadinanza attiva.

Un approccio osservativo e personalizzato

Il PEI non è solo il risultato di una concertazione, ma anche il frutto di un processo di osservazione sistematica. Le scuole sono chiamate a raccogliere dati, predisporre griglie, monitorare il percorso dell’alunno e valutare i progressi non solo in termini disciplinari, ma anche in relazione a:

  • partecipazione alla vita della classe,
  • sviluppo dell’autonomia,
  • qualità delle relazioni sociali,
  • motivazione e coinvolgimento.

Questo approccio permette di costruire un percorso realmente personalizzato, in cui gli obiettivi educativi non si basano unicamente sui limiti, ma partono dai punti di forza dello studente.

Approfondimento originale: il ruolo del dirigente scolastico

Un aspetto spesso poco valorizzato è il ruolo del dirigente scolastico. Le linee guida ministeriali sottolineano che egli non è solo il presidente formale del GLO, ma anche la figura che deve diffondere all’interno dell’istituto la cultura dell’inclusione. Il dirigente è chiamato a garantire risorse, coordinare il lavoro dei docenti, promuovere la formazione del personale e sostenere la collaborazione con le famiglie e il territorio.

In quest’ottica, il dirigente diventa il motore organizzativo dell’inclusione, trasformando il PEI da semplice adempimento burocratico a vero e proprio strumento pedagogico e politico della scuola.

Le dimensioni centrali del PEI: osservazione, valutazione e strategie

Le quattro dimensioni del PEI

Il modello nazionale di PEI si fonda su un’analisi articolata in quattro dimensioni principali, che corrispondono a diversi ambiti di funzionamento dello studente. Esse rappresentano l’evoluzione del vecchio modello basato sugli “assi” della diagnosi funzionale, ma sono state ridefinite in chiave ICF:

  • Dimensione cognitiva, neuropsicologica e dell’apprendimento
    Qui si valutano le abilità cognitive di base (attenzione, memoria, linguaggio), i prerequisiti dell’apprendimento e le strategie utilizzate dallo studente. L’analisi non si limita alle carenze, ma include le risorse cognitive disponibili, gli stili cognitivi e le eventuali modalità di compensazione già sviluppate.
  • Dimensione dell’autonomia, della comunicazione e della socializzazione
    Riguarda le capacità di organizzarsi, di prendersi cura di sé, di interagire con adulti e pari, di comunicare in modo efficace. È una sezione cruciale perché permette di comprendere quanto lo studente riesca a partecipare alla vita della scuola e della comunità.
  • Dimensione motorio-prassica e sensoriale
    In questa parte si analizzano le funzioni corporee e motorie, l’eventuale uso di ausili, le competenze prassiche e il livello di autonomia motoria. Anche qui non si parla solo di limitazioni, ma di come la persona riesca a utilizzare strumenti o strategie per muoversi e partecipare.
  • Dimensione affettivo-motivazionale e relazionale
    Questa dimensione, spesso sottovalutata, prende in considerazione la motivazione allo studio, la capacità di autoregolazione emotiva, la gestione dell’ansia e le relazioni interpersonali. È un’area fondamentale perché influisce sul benessere globale e sulla possibilità di apprendimento.

Dal profilo alle barriere e facilitatori

Accanto alle dimensioni del funzionamento, il PEI dedica spazio all’analisi del contesto. Qui vengono individuati i facilitatori (strumenti digitali, atteggiamenti inclusivi, metodologie didattiche cooperative) e le barriere (ostacoli architettonici, mancanza di risorse, rigidità organizzativa) che influenzano la vita scolastica dello studente.

Questa sezione permette di tradurre l’approccio biopsicosociale in indicazioni operative: non basta sapere cosa sa o non sa fare lo studente, ma occorre comprendere come l’ambiente può essere adattato per permettere la sua piena partecipazione.

Progettazione educativa e personalizzazione

Dopo l’analisi delle dimensioni, il PEI richiede di passare alla definizione degli obiettivi educativi e didattici. Qui emergono due principi cardine:

  • Personalizzazione: gli obiettivi vengono adattati alle capacità e ai ritmi dello studente, valorizzando i suoi punti di forza.
  • Inclusione curricolare: la progettazione deve rimanere collegata al curriculum generale, evitando esoneri immotivati o percorsi che isolino l’alunno dal gruppo classe.

Ad esempio, uno studente con disabilità intellettiva lieve non dovrebbe essere escluso dalle lezioni di matematica, ma coinvolto con strategie semplificate, attività cooperative e obiettivi proporzionati. L’errore di ridurre il PEI a un elenco di “dispense” rischia di trasformarlo in uno strumento di esclusione piuttosto che di inclusione.

Monitoraggio e valutazione dinamica

Il PEI prevede un sistema di valutazione dinamica, che non si limita a misurare il rendimento scolastico, ma osserva il progresso globale dello studente:

  • la partecipazione alla vita scolastica,
  • il livello di autonomia,
  • la qualità delle relazioni,
  • la crescita motivazionale e affettiva.

Il GLO deve riunirsi almeno due volte all’anno (inizio e fine percorso), ma può aggiornare il documento ogni volta che emergano nuovi bisogni o cambiamenti significativi. In questo senso il PEI non è un punto di arrivo, bensì un processo in continua evoluzione.

Approfondimento originale: il rischio della burocratizzazione

Uno dei pericoli più frequenti è che il PEI venga percepito come un adempimento burocratico. Alcuni insegnanti riferiscono di ricevere documenti poco realistici, con obiettivi troppo generici o scollegati dal contesto, che finiscono per generare frustrazione.

Per contrastare questa deriva, è essenziale che le scuole adottino un approccio critico e partecipativo: il PEI deve diventare un’occasione di riflessione collegiale sulle strategie educative e non un modulo da riempire. In questo senso, la formazione continua dei docenti e la collaborazione attiva delle famiglie rappresentano le vere garanzie di qualità.

Il PEI e il progetto di vita: un ponte tra scuola e territorio

Dalla scuola alla vita adulta

Il PEI non è soltanto uno strumento per gestire l’apprendimento all’interno della classe. La sua funzione più ampia è quella di costituire un ponte verso il progetto di vita dello studente, ossia la visione complessiva del suo futuro personale, sociale e lavorativo.

Questa prospettiva si fonda su un principio chiave: l’istruzione non può essere pensata come un percorso isolato, ma deve dialogare con le opportunità e i vincoli che lo studente troverà fuori dalla scuola. In questo senso, il PEI si raccorda con il progetto individuale, documento previsto dalla Legge 328/2000 e redatto dal Comune di residenza in collaborazione con i servizi sociali e sanitari.

Il raccordo tra PEI e progetto individuale

Il progetto individuale definisce gli interventi socio-assistenziali, educativi, sanitari, lavorativi e abitativi necessari a garantire una piena inclusione sociale e l’esercizio dei diritti di cittadinanza. Il PEI, a sua volta, si concentra sugli aspetti educativi e scolastici.

Il raccordo tra i due strumenti è essenziale per:

  • Evitare frammentazioni tra percorsi scolastici e servizi territoriali.
  • Assicurare continuità nei passaggi tra ordini di scuola e nel delicato momento del post-diploma.
  • Sostenere la famiglia nella costruzione di un percorso realistico e coerente con le aspirazioni del ragazzo.

Un PEI efficace non si limita a definire obiettivi scolastici, ma tiene conto delle aspirazioni dello studente (per esempio diventare parrucchiera, artista o meccanico) e cerca di costruire attività formative che lo avvicinino a quelle mete.

Il ruolo della famiglia

Le famiglie sono considerate partner strategici: non più solo fruitori di decisioni prese dalla scuola, ma co-protagonisti nella definizione del percorso. Nel PEI i genitori sono chiamati a compilare alcune sezioni relative alle caratteristiche, interessi e potenzialità del figlio. Questo contribuisce a rendere il documento più vicino alla realtà quotidiana dello studente.

Spesso, infatti, sono proprio i genitori a fornire informazioni preziose sugli stili di apprendimento, sulle passioni e sulle modalità di relazione del ragazzo. Trascurare questo apporto significa rischiare di costruire un PEI distante dalle vere esigenze.

Il territorio come risorsa educativa

Il progetto di vita non può essere realizzato senza il contributo del territorio. Associazioni del terzo settore, cooperative sociali, enti locali e realtà culturali possono offrire attività laboratoriali, esperienze di volontariato, percorsi di orientamento e tirocini.

In alcuni contesti virtuosi, le scuole hanno attivato reti territoriali che permettono agli studenti con disabilità di sperimentare esperienze lavorative o artistiche già durante gli anni scolastici, favorendo l’acquisizione di competenze spendibili anche al di fuori dell’aula.

Approfondimento originale: la prospettiva internazionale del “transition planning”

A livello internazionale, il raccordo tra scuola e progetto di vita è noto come transition planning (pianificazione della transizione). In Paesi come gli Stati Uniti o il Regno Unito, il PEI (o IEP – Individualized Education Program) prevede esplicitamente obiettivi legati al futuro post-scolastico, includendo orientamento al lavoro, autonomia abitativa e vita sociale.

In Italia, sebbene il sistema sia ancora in fase di consolidamento, il principio è analogo: la scuola non deve preparare soltanto a superare l’anno scolastico, ma deve fornire strumenti per affrontare il futuro con maggiore autonomia e dignità.

Criticità comuni del PEI: quando l’inclusione rischia di diventare esclusione

PEI come strumento di esclusione involontaria

Nonostante la sua natura innovativa, il PEI può talvolta essere usato in modo riduttivo o distorto, trasformandosi da strumento di inclusione in un meccanismo che, paradossalmente, isola lo studente. Questo avviene soprattutto quando il documento viene compilato con obiettivi troppo generici, quando è percepito come mero adempimento burocratico o, peggio, quando introduce pratiche di esonero che riducono la partecipazione alla vita scolastica.

Un esempio ricorrente è l’errore di “proteggere” lo studente attraverso la dispensa da alcune discipline o la sua separazione dal gruppo classe. Queste scelte, pur mosse dall’intenzione di ridurre l’ansia o facilitare l’apprendimento, finiscono spesso per creare percorsi paralleli che non favoriscono la vera inclusione.

Studio di caso: Alessia

Si consideri il caso (ipotetico ma realistico) di Alessia, una studentessa con disabilità intellettiva lieve. Nel suo PEI è scritto che non parteciperà alle lezioni di matematica e fisica, perché ritenute troppo difficili. Durante quelle ore resta in biblioteca con l’insegnante di sostegno, impegnata in schede semplificate. Inoltre, le verifiche di italiano sono ridotte a testi brevissimi indipendentemente dall’argomento, e viene dispensata dalle interrogazioni orali per limitare l’ansia.

A un primo sguardo questo PEI potrebbe sembrare protettivo e rassicurante. In realtà presenta diverse criticità:

  • Esclusione dal gruppo classe: la studentessa viene separata in alcune ore, perdendo occasioni di apprendimento cooperativo e di socializzazione.
  • Obiettivi troppo generici: la riduzione delle verifiche a “testi brevi” non tiene conto degli interessi, delle capacità e delle modalità di apprendimento della ragazza.
  • Dispensa eccessiva: l’eliminazione delle verifiche orali non favorisce la crescita delle competenze comunicative, ma le evita.
  • Assenza di valorizzazione dei talenti: non si fa riferimento alle passioni o ai punti di forza della studentessa, elementi fondamentali in ottica ICF.

Come trasformare un PEI debole in un PEI efficace

Un PEI realmente inclusivo avrebbe dovuto:

  • Prevedere strategie cooperative in matematica e fisica, ad esempio inserendo la studentessa in lavori di gruppo con compiti calibrati.
  • Personalizzare gli obiettivi, non ridurli in modo indiscriminato: invece di “scrivere testi brevi”, si poteva proporre “scrivere testi narrativi con il supporto di mappe concettuali”.
  • Integrare strumenti compensativi (schemi, immagini, mappe, software didattici) per rendere accessibili i contenuti disciplinari.
  • Gradualizzare le prove orali, non eliminarle, prevedendo ad esempio domande guidate o colloqui strutturati.
  • Valorizzare i talenti della ragazza (musica, danza, creatività), integrandoli nelle attività scolastiche.

Approfondimento originale: la tentazione della semplificazione

Molte criticità derivano dalla tentazione, comprensibile ma pericolosa, di “semplificare” per alleggerire il carico di lavoro. In realtà, la vera sfida dell’inclusione è personalizzare senza escludere. Un PEI ben fatto richiede più tempo, collaborazione e formazione, ma restituisce enormi benefici in termini di motivazione, equità e crescita degli studenti.

Inoltre, le ricerche internazionali mostrano che l’educazione inclusiva non solo non rallenta il gruppo classe, ma migliora la qualità dell’apprendimento per tutti, poiché stimola l’adozione di metodologie più flessibili e cooperative.

Il PEI digitale: innovazioni introdotte nel 2020

Un modello nazionale condiviso

Dal 2020 il Ministero dell’Istruzione ha introdotto un modello nazionale unico di PEI, corredato da linee guida ufficiali. Questa novità ha segnato un passo importante verso l’omogeneità e la trasparenza, superando la frammentazione precedente, in cui ogni scuola o territorio utilizzava schede diverse.

L’adozione di un formato standardizzato permette di:

  • garantire equità tra gli studenti,
  • rendere confrontabili i documenti,
  • facilitare la formazione dei docenti,
  • favorire la condivisione delle informazioni tra scuole, famiglie e servizi sanitari.

Il nuovo PEI non è solo un aggiornamento burocratico, ma rappresenta la volontà di creare uno strumento realmente funzionale e dinamico, integrato con i principi dell’ICF.

La versione digitale: il PEI online

Un aspetto innovativo è l’introduzione del PEI online, accessibile tramite la piattaforma del Ministero. Questo strumento consente di compilare e aggiornare il documento in maniera collaborativa, con la possibilità per i vari attori (docenti, famiglie, specialisti) di contribuire in tempi diversi e da luoghi differenti.

I vantaggi del PEI digitale sono molteplici:

  • Trasparenza: ogni modifica è tracciabile, evitando versioni discordanti.
  • Accessibilità: famiglie e specialisti possono consultare e integrare le sezioni di loro competenza.
  • Archiviazione sicura: i documenti sono custoditi in ambienti protetti, riducendo il rischio di smarrimento o manomissione.
  • Condivisione più rapida: utile soprattutto nei passaggi di ordine scolastico, quando il nuovo istituto deve ricevere informazioni chiare e aggiornate.

Le 12 sezioni del modello

Il PEI online è strutturato in 12 sezioni principali, che vanno dal quadro anagrafico alle misure di sostegno. In sintesi, comprendono:

  1. Quadro informativo e composizione del GLO.
  2. Elementi dal profilo di funzionamento.
  3. Raccordo con il progetto individuale.
  4. Analisi delle quattro dimensioni (cognitiva, autonomia e socializzazione, motoria, affettivo-relazionale).
  5. Barriere e facilitatori.
  6. Progettazione inclusiva (obiettivi educativi e didattici).
  7. Percorsi di competenze trasversali e orientamento (PCTO).
  8. Interventi sul percorso curricolare e bisogno di sostegno.
  9. Verifica e valutazione finale.

Questa articolazione rispecchia il principio di osservazione a 360°, evitando che il PEI si riduca a un elenco di dispense o semplificazioni.

Il ruolo delle tecnologie nell’inclusione

Il PEI digitale non è solo uno strumento di compilazione, ma si collega al più ampio tema delle tecnologie per l’inclusione. Tablet, software di sintesi vocale, mappe concettuali digitali, strumenti di realtà aumentata e ambienti di apprendimento online rappresentano oggi veri e propri facilitatori, che aiutano a superare barriere cognitive e comunicative.

La sfida per le scuole è integrare queste tecnologie non come “aggiunta per pochi”, ma come parte della didattica ordinaria, in una logica di Universal Design for Learning (UDL), che mira a rendere l’ambiente di apprendimento accessibile e flessibile per tutti gli studenti.

Approfondimento originale: PEI digitale e cultura della documentazione

La digitalizzazione del PEI favorisce anche una maggiore cultura della documentazione. In Italia, spesso, le scuole raccolgono molti dati ma li utilizzano poco o li restituiscono in modo frammentario. Un sistema digitale strutturato può invece trasformare i dati in conoscenza condivisa, utile non solo al singolo studente, ma anche alla valutazione delle politiche scolastiche e alla rendicontazione sociale delle istituzioni.

Corresponsabilità educativa: il PEI come impegno condiviso

Il consiglio di classe come garante dell’inclusione

Uno dei punti più innovativi del modello di PEI introdotto dal 2020 è il richiamo al principio di corresponsabilità. L’alunno con disabilità non è preso in carico solo dall’insegnante di sostegno, ma dall’intero consiglio di classe. Questo significa che ogni docente curricolare deve contribuire, nel proprio ambito disciplinare, a progettare e realizzare attività inclusive, calibrate sugli obiettivi personalizzati.

L’inclusione diventa così un impegno collegiale e non delegabile: il consiglio di classe è responsabile del percorso complessivo dello studente e delle scelte didattiche adottate.

Il ruolo del docente di sostegno

Il docente di sostegno, in questa logica, non è il “proprietario” dell’alunno con disabilità, né una figura che lavora in parallelo. È invece una risorsa per l’intero ambiente di apprendimento.

Le sue funzioni principali includono:

  • mediazione tra i bisogni dello studente e il lavoro del consiglio di classe;
  • collaborazione con la famiglia e con gli specialisti esterni;
  • supporto nella progettazione di strategie metodologiche e strumenti compensativi;
  • promozione di pratiche inclusive per l’intero gruppo classe.

Questo ribaltamento di prospettiva è cruciale per evitare che l’insegnante di sostegno diventi “l’unico responsabile” della gestione della disabilità, con il rischio di isolare ulteriormente lo studente.

La comunità scolastica come rete inclusiva

Il PEI non può funzionare se rimane confinato a un tavolo di progettazione. Perché sia realmente efficace, occorre che tutta la comunità scolastica condivida una cultura dell’inclusione: dirigenti, collaboratori, assistenti, compagni di classe.

Anche piccoli gesti quotidiani possono fare la differenza: un collaboratore che supporta negli spostamenti, un compagno che aiuta durante un laboratorio, un insegnante che adatta le modalità di verifica. L’inclusione, per funzionare, deve essere diffusa e partecipata.

La corresponsabilità come principio pedagogico ed etico

La corresponsabilità non è solo un obbligo normativo, ma un principio pedagogico ed etico:

  • pedagogico, perché favorisce l’apprendimento cooperativo e la costruzione di ambienti flessibili;
  • etico, perché riconosce che l’educazione è un diritto universale e che la comunità è responsabile di garantire pari opportunità a ciascuno.

Approfondimento originale: l’autodeterminazione dello studente

Un elemento innovativo introdotto dalle linee guida è la partecipazione dello studente stesso alla redazione del PEI, soprattutto nella scuola secondaria di secondo grado. In linea con il principio di autodeterminazione, lo studente può esprimere i propri desideri, le proprie preferenze e i propri obiettivi.

Questa pratica, già consolidata in altri Paesi europei, contribuisce a sviluppare la capacità di autorappresentazione e responsabilizza lo studente rispetto al proprio percorso formativo. Anche quando la partecipazione diretta non è possibile, è importante raccogliere e valorizzare la sua voce attraverso interviste, osservazioni o mediatori comunicativi.

Monitoraggio e valutazione dinamica del PEI

Un processo in continua evoluzione

Il PEI non è un documento “chiuso” al momento della sua redazione, ma uno strumento che deve crescere insieme allo studente. La sua efficacia dipende dalla capacità della scuola e del GLO di aggiornarlo regolarmente, in base ai cambiamenti nelle condizioni dell’alunno e ai progressi raggiunti.

Questa impostazione si fonda sul principio della valutazione dinamica, che contrasta con la vecchia logica statica delle diagnosi e dei piani educativi immutabili.

Gli incontri del GLO

La normativa prevede almeno due momenti formali di revisione del PEI durante l’anno scolastico:

  • PEI provvisorio, redatto all’inizio dell’anno, utile per predisporre le prime strategie.
  • PEI definitivo, compilato a metà percorso, con la possibilità di apportare modifiche.

Oltre a questi due passaggi, il GLO può convocarsi ogni volta che emergano esigenze nuove: cambiamenti nel profilo di funzionamento, peggioramenti o miglioramenti significativi, passaggi di ordine scolastico.

Questa flessibilità consente di evitare che il PEI diventi un documento burocratico, garantendo invece un aggiornamento continuo e realistico.

Cosa valutare nel percorso di inclusione

La valutazione dinamica non si limita al rendimento scolastico tradizionale, ma prende in considerazione variabili molto più ampie:

  • Partecipazione alla vita scolastica: presenza, coinvolgimento, interazioni con i compagni.
  • Autonomia personale: capacità di organizzarsi, gestire materiali, spostarsi.
  • Competenze relazionali: qualità delle interazioni con pari e adulti.
  • Motivazione e benessere: grado di interesse, riduzione dell’ansia, senso di autoefficacia.
  • Progressi disciplinari: risultati raggiunti in relazione agli obiettivi personalizzati.

Questo approccio consente di osservare lo studente come una persona globale e non solo come “allievo che deve superare verifiche”.

Strumenti di osservazione e raccolta dati

Per rendere concreta la valutazione dinamica, le scuole possono utilizzare diversi strumenti:

  • griglie di osservazione compilate periodicamente dai docenti;
  • schede di autovalutazione per stimolare la consapevolezza dello studente;
  • colloqui periodici con la famiglia;
  • strumenti digitali di monitoraggio, collegati alla piattaforma del PEI online.

L’obiettivo non è accumulare carte, ma trasformare i dati in conoscenza, così da orientare le scelte didattiche e migliorare la qualità dell’inclusione.

Approfondimento originale: valutazione dinamica e crescita della comunità

La valutazione dinamica non ha ricadute positive solo sul singolo studente, ma sull’intera comunità scolastica. Analizzare i progressi e le difficoltà permette al consiglio di classe di riflettere sulle metodologie adottate, migliorando la propria pratica didattica.

In altre parole, il PEI non valuta solo l’alunno, ma diventa anche uno strumento di auto-valutazione della scuola, contribuendo a costruire una cultura educativa più attenta, flessibile e inclusiva.

Il PEI come strumento di equità e cittadinanza

L’inclusione come bene collettivo

L’educazione inclusiva non riguarda soltanto gli studenti con disabilità o bisogni educativi speciali. È un modello che migliora la qualità della scuola per tutti, perché obbliga a ripensare spazi, tempi, metodologie e relazioni. Il PEI, in questo senso, non è solo un documento individuale: è il simbolo di una scuola che si riconosce come comunità educante, capace di accogliere le differenze come risorsa.

L’inclusione non produce benefici limitati al singolo alunno, ma genera effetti di vasta portata: maggiore coesione sociale, riduzione della dispersione scolastica, sviluppo di competenze relazionali e cooperative anche tra studenti senza disabilità.

Il valore etico e culturale dell’inclusione

Il PEI si colloca al crocevia tra pedagogia e diritti civili. Redigerlo in maniera accurata significa non solo adempiere a un obbligo normativo, ma anche riconoscere la dignità e il valore della persona. In questo senso, la scuola italiana si allinea a principi internazionali sanciti da documenti come la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità (2006), che sottolinea il diritto a un’istruzione inclusiva e di qualità.

L’inclusione scolastica diventa quindi un indicatore di civiltà: una società che accoglie la diversità nelle aule scolastiche è più pronta a costruire contesti lavorativi e sociali equi.

Il contributo del PEI alla cittadinanza attiva

Un aspetto spesso trascurato è che il PEI contribuisce a sviluppare, sin dall’età scolare, competenze fondamentali per l’esercizio della cittadinanza. Lo studente che sperimenta percorsi personalizzati e partecipativi impara a conoscere i propri diritti, a esprimere preferenze, a collaborare con adulti e pari.

Allo stesso tempo, i compagni di classe imparano a relazionarsi con la diversità, sviluppando empatia, spirito di collaborazione e senso di responsabilità sociale.

Il territorio come estensione della scuola

L’efficacia del PEI non dipende solo dalla scuola, ma dal grado di collaborazione con il territorio. Associazioni, enti locali, servizi socio-sanitari e realtà del terzo settore contribuiscono a trasformare il progetto educativo in un progetto di vita concreto.

Quando queste collaborazioni funzionano, l’inclusione scolastica diventa inclusione sociale, permettendo allo studente di costruire reti di relazioni, sviluppare competenze lavorative e partecipare attivamente alla comunità.

Approfondimento originale: inclusione come investimento sociale

Dal punto di vista economico e politico, l’inclusione è spesso percepita come un costo. In realtà, numerose ricerche mostrano che è un investimento a lungo termine: gli studenti che ricevono un’educazione inclusiva hanno maggiori possibilità di sviluppare autonomia, accedere al lavoro e ridurre la dipendenza dai servizi assistenziali.

In quest’ottica, il PEI diventa non solo un documento scolastico, ma un tassello di politiche sociali più ampie, che mirano a costruire una società coesa, giusta e sostenibile.

Box pratici riassuntivi

Punti chiave

  • Il PEI è uno strumento collegiale e dinamico, non un mero adempimento burocratico.
  • La prospettiva ICF consente di leggere lo studente nella sua globalità, valorizzando punti di forza e talenti.
  • Le famiglie sono partner strategici, la loro voce è essenziale nella definizione del percorso.
  • Il territorio (servizi, enti locali, terzo settore) deve essere coinvolto per garantire continuità tra scuola e vita.
  • L’inclusione è un diritto universale e un investimento sociale che produce benefici per l’intera comunità.

Errori comuni da evitare

  • Ridurre il PEI a un documento generico o standardizzato.
  • Esonerare lo studente da discipline o attività senza reali motivazioni pedagogiche.
  • Delegare l’inclusione al solo docente di sostegno.
  • Considerare la valutazione solo in termini di rendimento scolastico, trascurando autonomia e partecipazione.
  • Trascurare la voce dello studente, soprattutto nella scuola secondaria.

Checklist per un PEI efficace

  • Il PEI è stato redatto da un GLO completo, con la partecipazione di tutte le figure previste?
  • Sono stati considerati i facilitatori e le barriere presenti nel contesto scolastico?
  • Gli obiettivi educativi sono personalizzati ma collegati al curriculum?
  • È presente un raccordo con il progetto individuale del Comune?
  • Sono previste modalità di monitoraggio e aggiornamento periodico?
  • La voce della famiglia e, ove possibile, dello studente è stata inclusa?

Suggerimenti operativi

  • Utilizzare strumenti digitali (mappe concettuali, piattaforme collaborative) per favorire l’accessibilità.
  • Programmare momenti di osservazione sistematica con griglie condivise dal consiglio di classe.
  • Introdurre gradualmente prove personalizzate, senza eliminare esperienze formative importanti.
  • Integrare i talenti e le passioni dello studente nelle attività scolastiche.
  • Promuovere attività di apprendimento cooperativo, in cui tutti gli studenti contribuiscono secondo le proprie possibilità.

Fonti e letture consigliate

  • Ministero dell’Istruzione e del Merito, Linee guida sul PEI e sull’inclusione scolastica (2020).
  • Organizzazione Mondiale della Sanità, International Classification of Functioning, Disability and Health (ICF), 2001.
  • Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, New York, 2006 (ratificata dall’Italia con Legge 18/2009).
  • Legge 104/1992 – Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate.
  • Legge 328/2000 – Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali.
  • Direttiva MIUR 27 dicembre 2012 – Strumenti d’intervento per alunni con bisogni educativi speciali (BES).
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