Sistema Nazionale di Valutazione e Inclusione Scolastica: rendicontazione sociale, GLI, GLO e ruolo del docente di sostegno

Il Sistema Nazionale di Valutazione (SNV): un quadro generale

Il Sistema Nazionale di Valutazione (SNV) è lo strumento attraverso il quale la scuola italiana monitora, valuta e comunica la qualità del proprio operato. Esso si articola in quattro fasi principali:

  • Autovalutazione – le scuole redigono il Rapporto di Autovalutazione (RAV), che consente di analizzare criticamente punti di forza e aree di miglioramento, sulla base di dati interni ed esterni.
  • Valutazione esterna – una selezione di istituti viene sottoposta a visite ispettive e a una valutazione condotta da esperti, attraverso rubriche e griglie di osservazione.
  • Miglioramento – sulla base delle criticità emerse, le scuole definiscono e attuano piani di miglioramento che confluiscono nel PTOF, documento cardine della progettualità scolastica.
  • Rendicontazione sociale – fase conclusiva, dedicata a restituire alla comunità educante i risultati raggiunti, in termini di trasparenza e responsabilità verso il territorio e gli stakeholder.

Dal PAI al Piano per l’Inclusione (PI)

Parallelamente, le scuole sono chiamate a elaborare il Piano per l’Inclusione (PI), evoluzione del precedente PAI. Questo documento è predisposto dal Gruppo di Lavoro per l’Inclusione (GLI) e ha lo scopo di fotografare lo stato dell’arte dell’inclusione scolastica, oltre a delineare gli obiettivi per l’anno successivo.

Il PI si struttura in due macro-sezioni:

  • Analisi della situazione attuale: evidenzia punti di forza e criticità, con riferimento alle risorse professionali interne ed esterne, ai rapporti con il territorio e ai servizi socio-sanitari, alle risorse ambientali e agli strumenti di supporto disponibili.
  • Obiettivi di sviluppo: definisce la visione inclusiva della scuola per l’anno successivo, individuando azioni concrete, collaborazioni con enti locali e modalità di coinvolgimento delle famiglie e degli studenti.

Un esempio significativo di questo modello è fornito dal sito dell’Ufficio Scolastico Regionale del Friuli Venezia Giulia, che propone schemi esemplificativi e formati già compilati, utili come guida per la redazione del piano.

La rendicontazione sociale nel Sistema Nazionale di Valutazione

Definizione e finalità

La rendicontazione sociale rappresenta la fase conclusiva del Sistema Nazionale di Valutazione (SNV). Essa consiste nella diffusione e pubblicazione dei risultati ottenuti dalle scuole, attraverso indicatori e dati comparabili, con due finalità principali:

  • garantire trasparenza nei confronti del territorio e degli stakeholder;
  • promuovere la condivisione dei risultati e stimolare processi di miglioramento continuo.

In altre parole, è lo strumento attraverso cui la scuola “restituisce” alla comunità ciò che ha realizzato, evidenziando sia i traguardi conseguiti sia le scelte strategiche che hanno orientato le azioni. La rendicontazione sociale non è solo un obbligo amministrativo, ma un vero e proprio atto di responsabilità verso la comunità educante.

Mission, vision e valori di fondo

Alla base di questo processo vi è l’identità stessa della scuola, definita attraverso tre elementi chiave:

  • Mission: risponde alla domanda “Chi siamo e cosa facciamo?”
  • Vision: delinea cosa la scuola desidera diventare nei prossimi anni, quali obiettivi di sviluppo intende perseguire.
  • Valori di fondo: i principi guida attraverso i quali realizzare la mission e la vision, come inclusione, sostenibilità, internazionalizzazione, legame con il territorio.

Questi tre pilastri devono restare in equilibrio con le risorse effettivamente disponibili, altrimenti si rischia di proporre obiettivi irrealizzabili o, al contrario, di non valorizzare appieno le potenzialità esistenti.

Le metafore dello specchio e della finestra

Per comprendere la funzione della rendicontazione sociale vengono spesso richiamate due metafore efficaci:

  • Lo specchio: la scuola utilizza la rendicontazione come occasione per guardare a se stessa, valutare i risultati raggiunti, analizzare se i progetti hanno funzionato, verificare la riduzione della dispersione scolastica, il miglioramento degli apprendimenti e la partecipazione degli studenti.
  • La finestra aperta: al tempo stesso, la scuola si apre al territorio, comunicando in maniera trasparente i risultati e costruendo un dialogo con famiglie, enti locali e stakeholder. La rendicontazione diventa così uno strumento relazionale, che supera l’autoreferenzialità e rafforza il ruolo della scuola come parte integrante della comunità educante.

Obiettivi principali

Gli scopi della rendicontazione sociale possono essere sintetizzati in quattro punti fondamentali:

  • Autovalutazione e riflessione: favorire un’analisi critica delle strategie adottate e dei risultati conseguiti.
  • Promozione dell’innovazione: stimolare la scuola a sperimentare nuove metodologie e progetti.
  • Dialogo con gli stakeholder: identificare e coinvolgere i portatori di interesse, utilizzando linguaggi e strumenti comunicativi adeguati a ciascun destinatario.
  • Responsabilità condivisa: rafforzare l’idea che la scuola non appartenga solo agli insegnanti e agli studenti, ma sia una responsabilità comune di famiglie, istituzioni e comunità locale.

Vantaggi e criticità della rendicontazione sociale

I vantaggi per la scuola e il territorio

La rendicontazione sociale offre molteplici benefici, sia interni all’istituzione scolastica sia nei rapporti con la comunità:

  • Coordinamento interistituzionale: favorisce il dialogo tra scuola, enti locali e servizi territoriali (es. trasporti, associazioni, aziende), migliorando la gestione dei bisogni degli studenti.
  • Crescita reputazionale: rafforza la credibilità della scuola, mostrando come siano stati utilizzati fondi pubblici e contributi volontari delle famiglie.
  • Messa a sistema delle esperienze: permette di valorizzare e diffondere pratiche di qualità, collegando autovalutazione, progetti innovativi e risultati concreti.
  • Senso di responsabilità diffuso: consolida l’idea che la scuola sia patrimonio comune, da sostenere e migliorare attraverso l’impegno congiunto di docenti, studenti, famiglie e stakeholder esterni.

Le difficoltà operative

Nonostante i vantaggi, le scuole incontrano diverse difficoltà nell’attuazione della rendicontazione sociale:

  • Definizione e misurazione dei risultati: spesso mancano strumenti condivisi per valutare efficacia ed efficienza delle azioni intraprese.
  • Gestione dei dati: le scuole raccolgono numerose informazioni (questionari, monitoraggi, esiti formativi), ma non sempre riescono a trasformarle in conoscenza utile e condivisa.
  • Carico di lavoro e scarsità di risorse: tempo e personale sono limitati, il che rende complesso predisporre documenti approfonditi e aggiornati.
  • Strumenti informatici inadeguati: pur con il registro elettronico, molte scuole soffrono la mancanza di repository e sistemi di archiviazione efficaci per organizzare i dati.
  • Collaborazione disomogenea del personale: i documenti (RAV, PTOF, piani di miglioramento) vengono spesso percepiti come meri adempimenti burocratici gestiti dal dirigente e dallo staff, senza un reale coinvolgimento di tutti i docenti.

Criticità di sistema

Oltre alle difficoltà pratiche, vi sono anche problematiche di ordine più generale:

  • Incoerenza tra priorità e contesto: talvolta le scuole fissano obiettivi poco realistici o disallineati rispetto alla propria realtà territoriale.
  • Numero eccessivo di traguardi: il rischio è proporre troppe priorità di miglioramento, senza la possibilità concreta di attuarle in un triennio.
  • Fusioni e dimensionamenti scolastici: quando più istituti si uniscono, diventa complesso armonizzare mission, vision e valori, con il pericolo di mantenere percorsi paralleli.
  • Reggenze: la presenza di un dirigente scolastico “a scavalco” può rallentare processi di innovazione e rendicontazione.
  • Percorsi sbilanciati: obiettivi troppo ambiziosi o troppo modesti rischiano di compromettere la credibilità del processo.

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Contenuti della rendicontazione sociale

Ambiti principali

Il Ministero indica due tipologie di risultati che devono emergere nella rendicontazione sociale:

  • Risultati legati all’autovalutazione e al miglioramento
    • obiettivi e priorità esplicitati nel Rapporto di Autovalutazione (RAV);
    • traguardi conseguiti grazie ai percorsi di miglioramento;
    • esiti scolastici, risultati nelle prove standardizzate, competenze chiave europee e risultati a distanza.
  • Risultati legati alla progettualità della scuola
    • obiettivi formativi previsti dal Piano Triennale dell’Offerta Formativa (PTOF);
    • azioni e progetti realizzati in ambito didattico, organizzativo e inclusivo;
    • innovazioni metodologiche e didattiche;
    • relazioni con il territorio, le aziende, le università e le associazioni del terzo settore.

Cosa non deve essere incluso

La rendicontazione sociale non deve limitarsi a ripetere gli esiti già descritti nel RAV (ad esempio risultati scolastici o prove INVALSI), ma deve offrire una sintesi ragionata che metta in luce le scelte pedagogiche e organizzative alla base di quei risultati.

Esempi di progettualità da rendicontare

Tra le azioni che le scuole possono evidenziare rientrano:

  • introduzione dell’educazione civica, secondo le linee guida 2019 e le successive integrazioni ministeriali;
  • iniziative e progetti per l’inclusione degli studenti con bisogni educativi speciali (BES) e disabilità;
  • sperimentazioni di innovazione didattica e metodologica (cooperative learning, approcci metacognitivi, didattica laboratoriale);
  • attività di orientamento e alternanza scuola-lavoro (oggi denominate Formazione Scuola-Lavoro, FSL), in collaborazione con imprese, enti e associazioni del territorio;
  • progetti di apertura al territorio: collaborazioni con enti locali, biblioteche, università, associazioni culturali e sportive.

Domande guida per la redazione

Per rendere la rendicontazione sociale un documento chiaro e utile, è opportuno che la scuola si ponga alcune domande chiave:

  • Quali erano i nostri obiettivi educativi?
  • Quali risultati abbiamo raggiunto?
  • Quali scelte didattiche e pedagogiche ci hanno permesso di conseguire tali risultati?
  • In che modo abbiamo coinvolto gli stakeholder (studenti, famiglie, territorio)?
  • Quali prospettive di sviluppo vogliamo aprire per il prossimo triennio?

Il ciclo di Deming e il miglioramento scolastico

Il modello Plan-Do-Check-Act (PDCA)

Un riferimento utile per comprendere la logica del miglioramento scolastico è il ciclo di Deming, conosciuto anche come PDCA (Plan – Do – Check – Act). Questo modello, nato in ambito organizzativo e gestionale, si applica con efficacia anche al contesto educativo:

  • Plan (Pianificare) – individuare obiettivi, priorità e traguardi da raggiungere;
  • Do (Agire) – mettere in campo progetti, azioni e risorse per realizzare gli obiettivi;
  • Check (Verificare) – monitorare i risultati, analizzarli e valutarne l’efficacia;
  • Act (Agire per migliorare) – ridefinire strategie e interventi sulla base dei risultati ottenuti.

Il legame con il Sistema Nazionale di Valutazione (SNV)

Il ciclo di Deming si integra pienamente con le fasi del SNV:

  • la pianificazione corrisponde all’autovalutazione (RAV), in cui si fissano priorità e traguardi;
  • l’azione coincide con l’attuazione dei percorsi di miglioramento e con la progettualità del PTOF;
  • la verifica si realizza attraverso il monitoraggio degli esiti e delle azioni intraprese;
  • l’azione correttiva trova riscontro nella rendicontazione sociale, che permette di riorientare le scelte future e di fissare nuove priorità strategiche per il triennio successivo.

Valenza gestionale e strategica

Grazie alla rendicontazione sociale, il ciclo PDCA diventa un processo continuo che consente alla scuola di:

  • confrontarsi con i risultati raggiunti;
  • misurare l’efficacia delle strategie adottate;
  • aggiornare la propria offerta formativa;
  • riallineare mission, vision e valori con le esigenze della comunità educante.

Scuola e territorio come sistema integrato

Questo approccio sottolinea come non sia possibile immaginare la scuola isolata dalle dinamiche del contesto in cui opera. L’istituzione scolastica è sempre più innervata nel territorio, connessa a pratiche e metodologie legate alla comunità, come:

  • service learning;
  • outdoor education;
  • progetti del PNRR su didattica digitale, STEM e riduzione dei divari;
  • obiettivi dell’Agenda 2030;
  • framework di competenze europei (LifeComp, GreenComp, DigComp).

La scuola, in quest’ottica, assume sempre più il ruolo di learning hub, un nodo centrale di apprendimento capace di mettere in rete risorse, esperti e opportunità formative a beneficio degli studenti e della comunità.

Gli attori dell’inclusione scolastica

Il quadro dei gruppi di lavoro

Il sistema dell’inclusione scolastica si articola in una rete di organismi che operano a diversi livelli:

  • GLIR (Gruppo di Lavoro Interistituzionale Regionale)
    Istituito presso ciascun Ufficio Scolastico Regionale, ha compiti di consulenza e supporto alle reti di scuole, soprattutto per la formazione del personale e l’attuazione di politiche inclusive a livello territoriale.
  • GIT (Gruppo per l’Inclusione Territoriale)
    Presente a livello provinciale o di ambito territoriale, è composto da docenti esperti di inclusione e di prospettiva bio-psicosociale (ICF). Fornisce supporto alle scuole nella definizione dei PEI, nell’uso di strumenti e dispositivi di sostegno e nel potenziamento delle azioni di corresponsabilità educativa.
  • GLI (Gruppo di Lavoro per l’Inclusione)
    È l’organo collegiale interno a ogni istituto scolastico. Include il dirigente, i docenti di sostegno, rappresentanti dei genitori, figure strumentali ed eventuali esperti esterni. Ha il compito di elaborare e aggiornare il Piano per l’Inclusione (PI), definendo linee di indirizzo generali. Si riunisce almeno una volta all’anno.
  • GLO (Gruppo di Lavoro Operativo per l’Inclusione)
    È un gruppo specifico per ciascun alunno con disabilità. Riunisce tutti i docenti della classe, il docente di sostegno, la famiglia, specialisti dell’Unità di Valutazione Multidisciplinare e il dirigente (o un suo delegato). Redige, attua e verifica il Piano Educativo Individualizzato (PEI), aggiornandolo almeno due volte l’anno. È previsto inoltre che lo studente stesso, in base al principio di autodeterminazione, possa partecipare alle riunioni.

Il ruolo del docente di sostegno

Il docente di sostegno è una figura chiave per il successo dell’inclusione. La normativa lo definisce come un insegnante specializzato assegnato alla classe, e non al singolo alunno con disabilità. Ciò significa che:

  • è una risorsa professionale al servizio dell’intero gruppo classe;
  • collabora con i colleghi curricolari per favorire la piena partecipazione di tutti gli studenti;
  • opera in sinergia con famiglie, servizi socio-sanitari ed enti locali, in particolare per garantire strumenti compensativi e misure di supporto (es. libri in braille, dispositivi tecnologici).

Il docente di sostegno contribuisce quindi non solo al percorso individuale dell’alunno con disabilità, ma anche alla costruzione di un clima inclusivo all’interno della scuola, valorizzando le diversità come occasione di crescita per tutti.

Leadership scolastica e leadership condivisa

Il ruolo del dirigente scolastico

La ricerca educativa mostra come la leadership del dirigente e del suo staff possa incidere in modo significativo sul miglioramento scolastico. In particolare, due indicatori risultano fortemente influenzati dalla qualità della leadership:

  • il senso di autoefficacia dei docenti, ovvero la percezione di poter fare realmente la differenza nell’apprendimento degli studenti;
  • il clima scolastico, inteso come qualità delle relazioni, fiducia reciproca e collaborazione.

Una leadership efficace non agisce quindi solo in modo diretto sui processi organizzativi, ma crea le condizioni affinché i docenti si sentano motivati e capaci di innovare le pratiche didattiche.

La leadership condivisa (shared leadership)

Negli ultimi anni si è affermato il concetto di leadership condivisa, che supera l’idea di un potere decisionale concentrato esclusivamente sul dirigente. Questo approccio prevede il coinvolgimento di più figure – formali e informali – nella gestione della scuola, trasformando la leadership in un processo sociale che mobilita le energie di tutti.

Esempi di leadership condivisa possono emergere anche al di fuori delle figure istituzionali: durante la pandemia, ad esempio, studenti e genitori con competenze tecnologiche hanno svolto un ruolo decisivo nell’adattamento della scuola alla didattica a distanza.

Livelli della leadership condivisa

Secondo alcuni modelli europei, la leadership può essere esercitata a diversi livelli:

  • Micro: nella classe, nelle relazioni tra studenti e docenti.
  • Meso: all’interno della scuola e tra reti di scuole.
  • Macro: nel rapporto con università, enti locali, istituti di ricerca e comunità territoriali.

In questo senso, la scuola diventa un’organizzazione aperta e interconnessa, capace di co-costruire valore insieme ai suoi partner istituzionali e sociali.

Vantaggi della leadership condivisa

Tra i principali benefici di questo approccio vi sono:

  • Continuità nei cambi di dirigenza: un gruppo di lavoro coeso garantisce stabilità anche in caso di avvicendamento del dirigente o di reggenza.
  • Valorizzazione delle competenze: permette di riconoscere e mettere a frutto le diverse esperienze e professionalità presenti nella comunità educante.
  • Partecipazione diffusa: coinvolge docenti, studenti e famiglie nelle scelte strategiche, favorendo un senso di appartenenza e corresponsabilità.

Come afferma la studiosa Alma Harris, la leadership condivisa è un processo sociale che mobilita gli sforzi di tutti per raggiungere obiettivi comuni, sempre alla luce di una chiara visione di sviluppo.

Il docente di sostegno e la scuola inclusiva del futuro

Il docente di sostegno come risorsa per la classe

Il docente di sostegno, secondo la normativa italiana, non è l’insegnante “dell’alunno con disabilità”, ma una risorsa professionale assegnata alla classe. La sua funzione principale è favorire l’inclusione, supportando l’intero gruppo classe e collaborando con i colleghi curricolari.

Il suo lavoro si sviluppa in diverse direzioni:

  • didattica: personalizzazione degli apprendimenti, progettazione condivisa, utilizzo di strumenti compensativi e metodologie inclusive;
  • relazionale: promozione del clima positivo in classe, mediazione nei rapporti tra studenti, valorizzazione delle diversità come occasione di crescita comune;
  • organizzativa: raccordo con famiglie, servizi territoriali, enti locali e specialisti esterni, soprattutto per le disabilità sensoriali o complesse.

Il docente di sostegno è quindi un ponte tra scuola, famiglia e territorio, con un ruolo strategico per il successo formativo e sociale degli studenti.

L’inclusione come valore fondante

La prospettiva inclusiva non è un obiettivo circoscritto agli alunni con disabilità, ma un principio che attraversa l’intera comunità scolastica. In questo senso, il docente di sostegno diventa promotore di una cultura inclusiva, in cui:

  • ogni studente trova spazio per esprimere le proprie potenzialità;
  • le diversità sono considerate una risorsa educativa;
  • la scuola si configura come ambiente accogliente e orientato al benessere di tutti.

La scuola come learning hub

Guardando al futuro, la scuola è chiamata a trasformarsi sempre più in un learning hub, un centro di apprendimento aperto, flessibile e interconnesso con il territorio. In questa visione, la collaborazione con enti, associazioni, famiglie e istituzioni diventa essenziale per arricchire l’offerta formativa e sostenere l’inclusione.

Il docente di sostegno, insieme ai colleghi curricolari, ha il compito di guidare questa evoluzione, fungendo da luce e onda, come ricordato in un augurio di inizio anno di Dario Ianes: luce per illuminare percorsi e possibilità, onda per diffondere pratiche inclusive che possano trasformare l’intera comunità scolastica.

Disclaimer: I contenuti hanno carattere divulgativo e non sostituiscono materiale didattico ufficiale. Sono pensati come risorsa di supporto per lo studio e la preparazione a percorsi formativi e concorsuali.

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