Tumori della mammella nelle persone transgender: cosa sapere

Fattori di rischio, prevenzione e importanza dello screening

Introduzione

Negli ultimi anni, l’attenzione verso la salute delle persone transgender è cresciuta in ambito medico e scientifico, ma molte aree restano ancora poco esplorate o sottovalutate. Una di queste è la prevenzione e la diagnosi dei tumori, in particolare il tumore della mammella. Mentre nella popolazione cisgender (cioè persone la cui identità di genere coincide con il sesso assegnato alla nascita) le linee guida di screening sono ben definite, per le persone transgender le evidenze scientifiche sono ancora limitate e le raccomandazioni spesso lacunose. Comprendere come l’identità di genere, le terapie ormonali e le procedure chirurgiche influenzino il rischio oncologico è fondamentale per garantire una medicina davvero inclusiva e basata su dati aggiornati.

Identità di genere e terminologia: chiarezza necessaria

Per affrontare correttamente il tema dei tumori della mammella nelle persone transgender, è essenziale comprendere la terminologia legata all’identità di genere. Le persone transgender (o trans) sono coloro la cui identità di genere non corrisponde al sesso assegnato alla nascita. In questo contesto, si distinguono principalmente:

  • Donne transgender: persone assegnate maschi alla nascita che si identificano come donne.
  • Uomini transgender: persone assegnate femmine alla nascita che si identificano come uomini.

Non tutte le persone trans intraprendono percorsi medici o chirurgici per modificare il proprio corpo, ma molte ricorrono a terapie ormonali sostitutive (estrogeni per le donne trans e testosterone per gli uomini trans) che possono influenzare il rischio oncologico. In ambito clinico, è importante utilizzare il linguaggio in modo rispettoso e preciso, per evitare stigmatizzazioni e per garantire un’assistenza adeguata e sensibile alle diversità.

Fisiologia mammaria e modificazioni indotte dalla terapia ormonale

Il tessuto mammario è un organo ormonosensibile, e il suo sviluppo e la sua struttura sono fortemente influenzati dalla presenza di ormoni sessuali. Nelle donne transgender, la terapia ormonale a base di estrogeni (spesso associata ad antiandrogeni) stimola la crescita del tessuto mammario, seppur in misura generalmente inferiore rispetto alle donne cisgender. Questo sviluppo può determinare la formazione di una ghiandola mammaria funzionalmente simile, anche se con caratteristiche morfologiche parzialmente diverse. Di conseguenza, il rischio di sviluppare un tumore al seno non è nullo e merita attenzione.

Negli uomini transgender, al contrario, la terapia a base di testosterone ha un effetto atrofizzante sul tessuto mammario, ma non lo elimina completamente, a meno che non venga eseguita una mastectomia (chirurgia di rimozione del seno). Tuttavia, anche dopo la mastectomia, una piccola quantità di tessuto mammario può permanere, mantenendo una potenziale suscettibilità allo sviluppo tumorale. È quindi importante valutare il rischio oncologico tenendo conto del tipo di transizione, della durata della terapia ormonale e della presenza o meno di chirurgia toracica.

Cosa dicono gli studi scientifici sul rischio di tumore al seno nelle persone trans

La ricerca scientifica sul rischio di tumore mammario nelle persone transgender è ancora limitata, ma negli ultimi anni sono emerse alcune evidenze importanti. Uno studio condotto nei Paesi Bassi e pubblicato nel 2019 su The BMJ ha analizzato oltre 2.600 donne transgender e più di 1.200 uomini transgender, evidenziando un rischio aumentato di tumore della mammella nelle donne transgender rispetto agli uomini cisgender, ma inferiore rispetto alle donne cisgender. Questo suggerisce che la terapia estrogenica possa influenzare il rischio, pur senza raggiungere i livelli tipici della popolazione femminile cis.

Per quanto riguarda gli uomini transgender, lo stesso studio ha rilevato un rischio inferiore rispetto alle donne cisgender, probabilmente legato sia alla terapia androgenica sia alla frequente pratica della mastectomia. Tuttavia, casi di carcinoma mammario sono stati segnalati anche in uomini trans operati, a testimonianza del fatto che il rischio, sebbene ridotto, non è azzerato. Altri studi hanno confermato la necessità di monitorare il tessuto mammario residuo anche dopo la chirurgia.

È importante notare che la maggior parte degli studi disponibili presenta ancora limiti metodologici, come dimensioni campionarie ridotte, mancanza di gruppi di controllo ben definiti e periodi di follow-up troppo brevi per una piena valutazione del rischio a lungo termine. Pertanto, la sorveglianza scientifica deve continuare, con studi più ampi e approfonditi.

Screening oncologici: ci sono linee guida per le persone transgender?

Attualmente, le linee guida ufficiali per lo screening del tumore della mammella nella popolazione transgender sono ancora poco diffuse e spesso variano da un Paese all’altro. In generale, molte raccomandazioni si basano sull’anamnesi individuale, sulla durata della terapia ormonale e sulla presenza o meno di interventi chirurgici. Tuttavia, diversi enti sanitari internazionali, come la World Professional Association for Transgender Health (WPATH) e l’Endocrine Society, offrono indicazioni cliniche utili per orientare gli operatori sanitari.

Per le donne transgender che hanno assunto estrogeni per più di 5 anni, specialmente dopo i 50 anni, è spesso consigliato uno screening simile a quello delle donne cisgender, quindi con mammografia ogni 1–2 anni, a seconda dei fattori di rischio individuali. Questo vale soprattutto se è presente un tessuto mammario sviluppato.

Per gli uomini transgender che non hanno subito una mastectomia, lo screening dovrebbe seguire le linee guida delle donne cisgender, includendo mammografie regolari a partire dai 40–50 anni. In caso di mastectomia sottocutanea, la quantità di tessuto residuo potrebbe essere ridotta, ma non nulla, e la sorveglianza deve comunque essere valutata su base personalizzata.

L’assenza di protocolli uniformi può generare incertezza sia nei pazienti che nei medici, rendendo fondamentale una comunicazione chiara e sensibile tra professionista e persona trans. L’approccio più efficace resta quello personalizzato, costruito sulle specificità della transizione e sul quadro clinico globale del paziente.

Ostacoli all’accesso alle cure e alla prevenzione oncologica nelle persone trans

Le persone transgender affrontano numerose barriere nell’accesso ai servizi sanitari, incluse la prevenzione e la diagnosi precoce dei tumori. Tra gli ostacoli principali vi sono la discriminazione da parte del personale medico, la mancanza di formazione specifica sui temi della salute trans e l’inadeguatezza delle strutture sanitarie nel rispettare l’identità di genere. Queste difficoltà possono tradursi in un minor ricorso agli screening oncologici raccomandati e in una diagnosi ritardata, con potenziali ripercussioni sulla prognosi.

Inoltre, molti moduli sanitari e sistemi informatici non contemplano identità di genere diverse da “maschio” e “femmina”, creando confusione o imbarazzo nel momento dell’accettazione o nella richiesta di esami specifici. Anche la paura di essere misgenderati o di subire pregiudizi può scoraggiare molte persone transgender dal rivolgersi ai servizi di prevenzione, come la mammografia.

È quindi indispensabile che il sistema sanitario si adegui con percorsi di formazione inclusiva per i professionisti, modifiche organizzative per accogliere l’identità di genere in modo rispettoso, e campagne di sensibilizzazione dedicate, affinché nessuno venga escluso dalla possibilità di prevenzione e diagnosi precoce di patologie potenzialmente gravi.

Conclusioni e prospettive future

Il tumore della mammella nelle persone transgender è un tema ancora poco esplorato, ma di crescente rilevanza clinica e sociale. Le attuali evidenze suggeriscono che il rischio oncologico non può essere ignorato, specialmente nei soggetti sottoposti a terapie ormonali prolungate o in assenza di mastectomia completa. Tuttavia, la mancanza di linee guida univoche e di studi a lungo termine limita la possibilità di definire protocolli standardizzati e pienamente efficaci.

Per garantire una medicina realmente inclusiva e basata su evidenze, sarà necessario investire in ricerca clinica specifica, formare i professionisti sanitari e sviluppare linee guida ufficiali che tengano conto della diversità dei percorsi di transizione. Allo stesso tempo, bisogna promuovere una cultura del rispetto e dell’ascolto, in cui ogni persona, indipendentemente dalla propria identità di genere, possa sentirsi accolta e seguita in modo competente.

Solo con un approccio multidisciplinare e umanamente sensibile sarà possibile ridurre le disuguaglianze e migliorare gli esiti di salute anche nel campo dell’oncologia, assicurando che nessuna identità venga trascurata nella prevenzione.

❓FAQ – Tumore della mammella nelle persone transgender

  1. Le persone transgender possono sviluppare il tumore al seno?
    Sì. Le persone transgender, sia uomini trans che donne trans, possono sviluppare tumori del seno, anche se il rischio varia in base alla presenza di tessuto mammario, alla durata e al tipo di terapia ormonale e all’eventuale chirurgia toracica.
  2. Gli uomini transgender devono fare la mammografia?
    Dipende. Se non hanno effettuato una mastectomia o ne hanno eseguita una parziale (sottocutanea), possono conservare tessuto mammario suscettibile a trasformazioni tumorali, per cui lo screening può essere indicato. La decisione va presa con il medico curante.
  3. Le donne transgender devono sottoporsi a screening per il tumore del seno?
    Generalmente sì, se hanno assunto estrogeni per almeno 5 anni e hanno più di 50 anni, specie se hanno sviluppato tessuto mammario. In questi casi, il rischio non è nullo e lo screening (come la mammografia) può essere utile.
  4. La terapia ormonale aumenta il rischio di tumore alla mammella?
    I dati attuali indicano che la terapia ormonale può modificare il rischio, ma non lo rende necessariamente uguale a quello delle persone cisgender. Nelle donne transgender il rischio aumenta rispetto agli uomini cis, ma resta inferiore rispetto alle donne cis.
  5. Dopo la mastectomia, è possibile comunque sviluppare un tumore al seno?
    Sì, anche se in misura ridotta. La mastectomia diminuisce il rischio, ma può lasciare una piccola quantità di tessuto mammario residuo, che mantiene un potenziale oncogenico.
  6. Esistono linee guida ufficiali per lo screening del tumore mammario nelle persone transgender?
    Non esistono linee guida universali. Alcuni enti sanitari internazionali (come WPATH e Endocrine Society) propongono raccomandazioni basate sulla durata della terapia ormonale e sull’età, ma in generale la valutazione deve essere personalizzata.
  7. Cosa può fare un medico per aiutare una persona trans a prevenire il tumore mammario?
    Può adottare un approccio informato, rispettoso dell’identità di genere, e valutare individualmente il rischio, proponendo screening quando necessario e informando sulla relazione tra terapia ormonale, chirurgia e salute del seno.
  8. Come si può rendere più inclusivo lo screening oncologico?
    Adattando i moduli sanitari, formando il personale, garantendo l’uso del nome e dei pronomi corretti e creando ambienti accoglienti. Questo riduce la barriera dell’imbarazzo e aumenta la partecipazione agli screening.

Bibliografia

Vedi le fonti utilizzate
  1. de Blok, C. J. M. et al. (2019). Breast cancer risk in transgender people receiving hormone treatment: nationwide cohort study in the Netherlands. BMJ, 365, l1652. Link
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