Disabilità uditive: inclusione, diagnosi e comunicazione
Introduzione: dal vedere al sentire
Competenze Psicopedagogiche per il Docente Inclusivo
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L’udito rappresenta uno dei principali canali di relazione con l’ambiente e con gli altri. Non si tratta soltanto di percepire stimoli sonori, ma di accedere al linguaggio, alla conoscenza e alla dimensione sociale. La sordità e l’ipoacusia, cioè la riduzione parziale o totale della capacità di sentire, costituiscono condizioni che incidono profondamente sulla vita delle persone, andando ben oltre la dimensione percettiva. Esse si riflettono sulla comunicazione quotidiana, sullo sviluppo del linguaggio, sulle relazioni affettive e sulle opportunità di partecipazione sociale.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), oltre il 5% della popolazione mondiale convive con una perdita uditiva significativa, pari a circa 430 milioni di persone, di cui 32 milioni bambini. Questi dati mettono in evidenza l’impatto globale di una condizione che non riguarda soltanto la salute individuale, ma anche l’inclusione educativa, lavorativa e culturale. La sordità, infatti, può rappresentare un ostacolo se la società non offre strumenti adeguati per abbattere le barriere e promuovere pari opportunità.
In questo scenario, è fondamentale adottare un approccio che veda la disabilità non come una condizione da isolare, ma come una dimensione umana che necessita di contesti accessibili. Parlare di sordità significa quindi affrontare diversi piani: quello sanitario, che si occupa di diagnosi e interventi precoci; quello educativo, che mira a garantire percorsi scolastici inclusivi; e quello sociale, che riguarda la partecipazione alla vita comunitaria.
L’udito, a differenza di altri sensi, è strettamente legato all’acquisizione del linguaggio verbale. Questo spiega perché la perdita uditiva, soprattutto se insorge nei primi anni di vita, richieda un intervento tempestivo e personalizzato. Grazie ai progressi della medicina e della tecnologia, oggi esistono strumenti come protesi acustiche e impianti cocleari che possono restituire, in parte, la percezione sonora. Allo stesso tempo, il riconoscimento della Lingua dei Segni e la diffusione di strategie comunicative alternative aprono nuove prospettive di inclusione e valorizzazione della diversità.
In definitiva, occuparsi di disabilità uditiva significa non solo analizzare i deficit, ma anche comprendere le risorse disponibili e promuovere una società capace di valorizzare ogni forma di comunicazione. La sfida non è soltanto medica o educativa, ma soprattutto culturale: riconoscere che l’accesso al suono non è l’unica via per costruire relazioni e conoscenza, e che l’inclusione passa attraverso il rispetto della pluralità dei linguaggi.
La diffusione della sordità e il quadro normativo in Italia
La sordità e l’ipoacusia non rappresentano condizioni rare. Come sottolinea l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), la perdita uditiva significativa interessa oltre il 5% della popolazione mondiale. Si stima che circa 328 milioni di adulti e 32 milioni di bambini convivano con questa realtà, con conseguenze rilevanti sul piano educativo, lavorativo e sociale. Le proiezioni indicano che, senza interventi mirati di prevenzione e diagnosi precoce, il numero delle persone con deficit uditivo potrebbe crescere ulteriormente nei prossimi decenni a causa dell’invecchiamento della popolazione e dell’aumento dell’esposizione a rumori ambientali e lavorativi.
L’impatto non riguarda soltanto la salute individuale: la sordità condiziona la possibilità di partecipare alla vita comunitaria, di apprendere in contesti scolastici ordinari e di accedere in modo paritario al mondo del lavoro e della cultura. Per questo, le organizzazioni internazionali sottolineano la necessità di politiche inclusive, capaci di ridurre le barriere comunicative e promuovere un approccio basato sui diritti.
Le origini della normativa italiana
In Italia, la tutela delle persone con disabilità uditiva ha seguito un percorso complesso. La Legge 381 del 1970 istituiva scuole speciali per ciechi e sordi: una scelta nata con l’intento di garantire percorsi formativi protetti, ma che nei fatti ha contribuito a creare una separazione dagli alunni normodotati. Tale modello, basato sull’idea di protezione, rischiava però di consolidare l’isolamento e di rafforzare la percezione della disabilità come condizione “a parte”.
L’avvio dell’integrazione scolastica
Un passaggio decisivo si ebbe con la Legge 517 del 1977, che abolì le classi speciali e introdusse il principio dell’integrazione nelle scuole comuni. Si trattò di una svolta culturale oltre che normativa: il riconoscimento del diritto di tutti i bambini a crescere e imparare insieme, in un contesto di scambio reciproco, segnò l’inizio di una nuova concezione dell’inclusione.
La Legge quadro sull’inclusione
Il vero punto di svolta si colloca con la Legge 104 del 1992, considerata la legge quadro in materia di disabilità. Essa non solo riconosce formalmente i diritti delle persone con disabilità, ma delinea strumenti concreti per garantire pari opportunità in ambito scolastico, lavorativo e sociale. L’attenzione si sposta dall’assistenzialismo alla partecipazione attiva, con l’obiettivo di eliminare barriere fisiche, sensoriali e culturali.
Evoluzioni recenti
Negli ultimi anni il quadro normativo è stato ulteriormente aggiornato con i Decreti Legislativi 66/2017 e 96/2019, che introducono un modello di inclusione ispirato ai principi dell’ICF (Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute) dell’OMS. Tra gli strumenti centrali vi è il Piano Educativo Individualizzato (PEI), elaborato in collaborazione tra scuola, famiglia e servizi sanitari. Questo approccio, più sistemico e partecipato, punta a personalizzare i percorsi educativi e a renderli coerenti con le caratteristiche e i bisogni globali dello studente.
Il ruolo del sistema sanitario
Parallelamente, il settore sanitario ha assunto un ruolo determinante nella diagnosi e nella presa in carico. Dal 2017, lo screening uditivo neonatale universale è inserito nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), permettendo l’individuazione precoce delle sordità congenite. Interventi tempestivi con protesi acustiche, impianti cocleari e percorsi logopedici consentono oggi di migliorare in maniera significativa lo sviluppo comunicativo e linguistico dei bambini con deficit uditivo.
Classificazione della sordità e strategie comunicative
Gradi di perdita uditiva
La sordità non è una condizione uniforme, ma può manifestarsi con diversi livelli di gravità, determinati dall’intensità minima dei suoni percepibili. La classificazione più comune si basa sui decibel (dB):
- Sordità lieve (21–40 dB): la maggior parte dei suoni è percepita, ma possono emergere difficoltà nel comprendere voci basse o distanti, soprattutto in ambienti rumorosi.
- Sordità media (41–70 dB): la comprensione del parlato è possibile se l’interlocutore parla con tono chiaro e se la persona può osservare i movimenti labiali. Senza supporti, la comunicazione diventa complessa.
- Sordità grave (71–90 dB): i suoni percepibili si riducono a stimoli molto forti o voci ravvicinate. Il linguaggio parlato diventa difficilmente accessibile senza ausili tecnologici o strategie alternative.
- Sordità profonda (oltre 91 dB): il parlato non è percepibile e risultano udibili solo rumori estremamente forti, come sirene o allarmi. In questo caso diventano centrali la Lingua dei Segni Italiana (LIS) e l’uso di dispositivi elettronici avanzati.
Questa distinzione non è soltanto tecnica: ogni livello di perdita uditiva comporta bisogni specifici, che richiedono interventi educativi, tecnologici e comunicativi personalizzati.
La Lingua dei Segni Italiana (LIS)
La LIS è la lingua naturale della comunità sorda in Italia. Si basa su una grammatica e una sintassi proprie, indipendenti dall’italiano, e utilizza il canale visivo-gestuale. Il suo riconoscimento ufficiale ha rappresentato un passo storico, attribuendo dignità a una forma di comunicazione a lungo marginalizzata e valorizzandola come patrimonio culturale e identitario. La LIS non è soltanto un mezzo per superare le barriere, ma un elemento di appartenenza che rafforza la coesione della comunità sorda.
La comunicazione totale
Un approccio sempre più diffuso è la cosiddetta comunicazione totale, che integra voce, labiolettura, gesti, scrittura e LIS. L’obiettivo è fornire un ventaglio di strumenti che permettano alla persona di scegliere il canale più efficace a seconda del contesto. In ambito scolastico questa flessibilità risulta particolarmente utile, perché consente di adattare l’apprendimento alle esigenze del singolo studente e di favorire una partecipazione più equilibrata.
Oralismo e metodo bilingue
Storicamente, due approcci educativi principali hanno guidato l’intervento con studenti sordi:
- Oralismo: privilegia la voce e la lettura labiale, con l’intento di integrare la persona sorda nella lingua parlata.
- Metodo bilingue: promuove l’uso congiunto della LIS e dell’italiano, considerando la sordità non solo come deficit sensoriale, ma anche come condizione linguistica e culturale.
Entrambi gli approcci hanno vantaggi e limiti. La scelta dipende da variabili come il grado di sordità, l’età di insorgenza, il contesto familiare e le preferenze individuali.
La labiolettura: risorsa e limiti
La labiolettura, ossia la capacità di comprendere il parlato osservando i movimenti delle labbra, rappresenta un valido supporto per molte persone con ipoacusia o sordità. Tuttavia, presenta limiti oggettivi: non tutte le parole sono distinguibili visivamente e i contesti rumorosi o scarsamente illuminati ne riducono l’efficacia. Per questo motivo, la labiolettura risulta più funzionale se affiancata ad altre strategie comunicative.
Epoca di insorgenza, diagnosi precoce e impianti cocleari
Quando insorge la sordità: implicazioni diverse
Il momento in cui compare la sordità ha un ruolo cruciale nello sviluppo linguistico e comunicativo della persona.
- Sordità prelinguale: insorge alla nascita o entro i primi 18 mesi di vita, quando il bambino non ha ancora acquisito il linguaggio. In questi casi è necessario un percorso educativo mirato che introduca fin da subito strategie alternative di comunicazione.
- Sordità perilinguale: si manifesta tra i 18 e i 36 mesi, fase delicata in cui il linguaggio si sta strutturando. Senza interventi tempestivi, il rischio è un ritardo significativo nello sviluppo linguistico.
- Sordità postlinguale: compare dopo i 36 mesi, quando il linguaggio di base è già consolidato. L’impatto sullo sviluppo comunicativo è generalmente meno grave, ma può comunque compromettere la comprensione del parlato e la partecipazione sociale.
La distinzione non è soltanto clinica: incide profondamente sulle scelte educative e riabilitative, definendo gli strumenti e le strategie più adatte.
L’importanza della diagnosi precoce
Individuare tempestivamente un deficit uditivo è oggi una priorità riconosciuta a livello internazionale. Lo screening uditivo neonatale universale, introdotto nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) in Italia dal 2017, consente di rilevare sordità congenite già nei primi giorni di vita. Una diagnosi precoce permette di attivare subito percorsi logopedici, l’uso di protesi acustiche e, quando indicato, di avviare la valutazione per un impianto cocleare.
È importante ricordare che la sordità non comporta necessariamente il mutismo. Molti bambini sordi, se supportati in un ambiente comunicativo stimolante e accessibile, possono sviluppare competenze linguistiche significative, sia attraverso il linguaggio verbale (con adeguati supporti tecnologici e riabilitativi) sia tramite la LIS.
Gli impianti cocleari: opportunità e questioni etiche
L’introduzione degli impianti cocleari ha rappresentato una vera rivoluzione nel campo della sordità profonda. Questi dispositivi stimolano direttamente il nervo acustico attraverso impulsi elettrici, consentendo una percezione sonora che, pur non identica a quella naturale, permette di riconoscere suoni, comprendere parole e migliorare la comunicazione.
Tuttavia, la diffusione degli impianti ha sollevato anche un acceso dibattito etico e culturale. Molti li considerano una straordinaria opportunità di inclusione, ma una parte della comunità sorda li percepisce come un tentativo di “normalizzazione forzata”, che rischia di mettere in secondo piano la LIS e l’identità culturale della comunità sorda.
Il nodo centrale resta il diritto di scelta. Nei bambini piccoli, la decisione spetta alle famiglie, che devono valutare con attenzione le implicazioni cliniche, educative e culturali. È quindi fondamentale che il percorso decisionale coinvolga non solo medici e logopedisti, ma anche figure in grado di valorizzare le prospettive della comunità sorda, affinché l’inclusione non si riduca a un adattamento tecnico, ma diventi un riconoscimento della pluralità dei linguaggi e delle identità.
L’ipoacusia: definizione, cause e tipologie
Cos’è l’ipoacusia
Con il termine ipoacusia si indica una riduzione parziale della capacità uditiva, che può manifestarsi in forma lieve, media o grave. Si tratta di una condizione molto diffusa e in costante crescita, soprattutto nei Paesi industrializzati, dove l’inquinamento acustico e l’allungamento della vita media rappresentano fattori di rischio significativi. Se non diagnosticata e trattata precocemente, l’ipoacusia può compromettere la comunicazione, ostacolare lo sviluppo linguistico nei bambini e ridurre la qualità della vita negli adulti e negli anziani.
Cause congenite
Alcune forme di ipoacusia sono presenti fin dalla nascita e possono avere origini diverse:
- Fattori genetici: una predisposizione ereditaria trasmessa da uno o entrambi i genitori.
- Complicazioni durante la gravidanza: infezioni materne, esposizione a sostanze tossiche o problemi nello sviluppo dell’apparato uditivo fetale.
In questi casi, lo screening uditivo neonatale riveste un ruolo fondamentale per avviare immediatamente percorsi riabilitativi mirati, riducendo l’impatto sulla crescita del bambino.
Cause acquisite
L’ipoacusia può insorgere anche successivamente, nel corso della vita, a causa di fattori diversi:
- Malattie infettive che colpiscono l’apparato uditivo, come otiti croniche o meningiti.
- Traumi a livello dell’orecchio o della testa.
- Esposizione prolungata a rumori intensi, tipica di alcuni contesti lavorativi o di stili di vita caratterizzati dall’uso frequente di cuffie a volume elevato.
- Invecchiamento (presbiacusia): una condizione fisiologica che comporta la progressiva perdita di sensibilità uditiva con l’età, spesso trattata con l’uso di protesi acustiche.
Molte di queste forme sono parzialmente prevenibili, soprattutto quelle legate a rumori ambientali: l’utilizzo di protezioni acustiche in ambito lavorativo e la riduzione dell’esposizione a suoni eccessivi sono strategie efficaci per tutelare l’udito.
Tipologie di ipoacusia
Dal punto di vista clinico, l’ipoacusia può assumere diverse configurazioni:
- Monolaterale: interessa un solo orecchio, con conseguenze sulla capacità di localizzare la provenienza dei suoni.
- Bilaterale simmetrica: coinvolge entrambi gli orecchi in modo omogeneo.
- Bilaterale asimmetrica: colpisce entrambi gli orecchi, ma con livelli di gravità differenti.
Queste distinzioni sono fondamentali per pianificare il trattamento più adeguato, che può andare dal semplice utilizzo di protesi acustiche a interventi più complessi come l’impianto cocleare nei casi più gravi.
Strategie educative per studenti sordi
L’inclusione scolastica degli studenti con sordità o ipoacusia richiede strategie mirate, che tengano conto delle difficoltà di accesso al linguaggio verbale e alle informazioni sonore. Alcuni strumenti utili sono:
- l’impiego di sottotitoli e materiali scritti di supporto,
- l’uso di mappe concettuali visive che facilitino la comprensione,
- l’integrazione di tecnologie multimediali basate su immagini e testi,
- la presenza di interpreti LIS nei contesti in cui sia necessario.
Oltre agli strumenti, un ruolo centrale è svolto dall’organizzazione didattica: il docente deve mantenere un contatto visivo con lo studente, parlare chiaramente e ridurre al minimo le fonti di rumore in classe. Una didattica inclusiva, infatti, non favorisce solo lo studente con disabilità uditiva, ma arricchisce l’intero gruppo classe, promuovendo collaborazione e nuove competenze comunicative.
Il contributo delle tecnologie digitali
Le tecnologie digitali hanno ampliato enormemente le possibilità di accesso all’informazione. Oggi sono disponibili:
- sistemi di sottotitolazione automatica per conferenze, lezioni e programmi televisivi,
- applicazioni mobili che traducono in LIS o trascrivono in tempo reale la voce,
- piattaforme digitali con interpreti virtuali o avatar in grado di riprodurre segni.
Questi strumenti, se usati in modo consapevole, contribuiscono ad abbattere barriere comunicative significative. Tuttavia, occorre evitare un’eccessiva fiducia nella tecnologia senza un’adeguata verifica di accuratezza: errori di traduzione o sottotitoli imprecisi possono infatti creare ulteriori ostacoli.
Accessibilità nei media e nella cultura
Anche il settore culturale e mediatico ha compiuto passi avanti. In Italia, sempre più teatri, cinema e programmi televisivi offrono sistemi di sottotitolazione o traduzione simultanea in LIS. Queste soluzioni non solo permettono alle persone sorde di comprendere meglio i contenuti, ma garantiscono la possibilità di partecipare pienamente alla vita culturale, abbattendo il rischio di esclusione.
Accessibilità negli spazi pubblici
La vita quotidiana delle persone con disabilità uditiva può migliorare sensibilmente grazie ad accorgimenti apparentemente semplici, ma fondamentali:
- segnaletica visiva in stazioni e aeroporti,
- sistemi di allarme luminosi in scuole e uffici,
- campanelle scolastiche integrate con segnali luminosi per indicare il cambio dell’ora.
Questi interventi non solo facilitano l’autonomia e la sicurezza, ma trasmettono un messaggio culturale importante: l’accessibilità è un diritto che riguarda tutti e arricchisce la società nel suo complesso.
Il ruolo del logopedista, della famiglia e della scuola
L’intervento del logopedista
Il logopedista rappresenta una figura chiave nei percorsi riabilitativi e educativi degli studenti con sordità. L’intervento precoce, avviato già nei primi anni di vita, consente di potenziare le capacità comunicative, favorendo sia la produzione sia la comprensione linguistica. L’obiettivo non è semplicemente “insegnare a parlare”, ma costruire un sistema comunicativo personalizzato che tenga conto delle caratteristiche del bambino e del contesto familiare e scolastico in cui cresce.
Attraverso attività mirate, il logopedista aiuta il bambino a sviluppare strategie compensative e a sfruttare al meglio le potenzialità residue dell’udito, integrandole con altri canali comunicativi, come la LIS o la scrittura. La collaborazione con insegnanti e genitori rende questo intervento più efficace e armonico.
La famiglia come primo ambiente educativo
La famiglia è il primo luogo in cui il bambino apprende a comunicare e a costruire relazioni. L’atteggiamento dei genitori di fronte alla diagnosi di sordità ha un impatto determinante sull’autostima e sull’identità del figlio. Una famiglia che accoglie la condizione con apertura, che si informa e partecipa attivamente alle decisioni terapeutiche ed educative, diventa un potente fattore di protezione e stimolo.
Al contrario, un ambiente familiare chiuso o poco informato può amplificare le difficoltà, alimentando sentimenti di isolamento e sfiducia. È quindi essenziale che i genitori vengano coinvolti nei percorsi di supporto, ricevano formazione adeguata e abbiano accesso a reti di sostegno.
La scuola come laboratorio di inclusione
La scuola rappresenta il primo contesto sociale allargato in cui il bambino con sordità sperimenta relazioni con i coetanei. In questo senso è un luogo privilegiato di inclusione.
Attraverso strumenti come il Piano Educativo Individualizzato (PEI), i docenti possono pianificare attività e strategie personalizzate. Elementi fondamentali per un ambiente inclusivo sono:
- la presenza di insegnanti di sostegno preparati,
- il supporto di mediatori linguistici e interpreti LIS,
- metodologie cooperative che coinvolgano l’intero gruppo classe.
Una scuola che si struttura in questo modo diventa non solo un luogo di apprendimento, ma anche uno spazio di crescita personale e sociale. L’inclusione, infatti, non giova esclusivamente allo studente con disabilità uditiva: tutta la classe sviluppa nuove competenze comunicative, empatia e capacità di collaborazione.
nserimento lavorativo, aspetti psicologici e testimonianze
Disabilità uditiva e mondo del lavoro
Il passaggio dalla scuola al mondo del lavoro è una fase cruciale per le persone con sordità o ipoacusia. Nonostante i progressi normativi, le barriere comunicative restano una delle principali difficoltà. La Legge 68/1999 sul collocamento mirato ha introdotto strumenti per favorire l’occupazione delle persone con disabilità, ma la normativa da sola non è sufficiente. Ciò che fa la differenza è il cambiamento culturale nei luoghi di lavoro: colleghi e datori devono essere sensibilizzati e formati per garantire un ambiente realmente inclusivo, in cui la diversità venga percepita come una risorsa e non come un ostacolo.
Strumenti come i sottotitoli in tempo reale per videoconferenze, le piattaforme di traduzione in LIS o la predisposizione di ambienti acusticamente adeguati possono facilitare l’integrazione. Tuttavia, senza un atteggiamento aperto e collaborativo, il rischio di esclusione rimane elevato.
Dimensione psicologica: oltre la comunicazione
La sordità non incide solo sulla capacità di comunicare, ma influenza anche la sfera emotiva e relazionale. Una diagnosi precoce non accompagnata da adeguato supporto psicologico può generare insicurezza, isolamento sociale, bassa autostima o, al contrario, comportamenti di iperattività come meccanismo compensativo.
L’accompagnamento psicologico è quindi fondamentale per sostenere lo sviluppo di una identità positiva e resiliente. Non si tratta di “curare” la sordità, ma di fornire strumenti interiori per affrontare le difficoltà quotidiane, valorizzando le risorse personali e promuovendo la consapevolezza delle proprie capacità.
Il valore delle testimonianze
Raccontare esperienze di vita è uno strumento potente per abbattere stereotipi. Le storie di persone sorde che hanno avuto successo in ambito artistico, scientifico, sportivo o professionale dimostrano che la sordità non è un limite insormontabile, ma una condizione che può coesistere con talenti e passioni.
Allo stesso modo, le buone pratiche scolastiche e lavorative rappresentano modelli concreti replicabili. Una scuola che introduce interpreti LIS, un’azienda che investe in accessibilità digitale o un teatro che garantisce sottotitoli e traduzioni simultanee non solo migliorano la vita delle persone con disabilità uditiva, ma contribuiscono a creare una società più equa e consapevole.
L’inclusione, infatti, non è un traguardo individuale: è un processo collettivo che riguarda la comunità intera e che si alimenta di esempi virtuosi, capaci di generare un cambiamento culturale profondo e duraturo.
Box Riassuntivo
Punti chiave
- La sordità e l’ipoacusia non sono solo deficit sensoriali, ma condizioni che incidono su linguaggio, relazioni e inclusione sociale.
- La diagnosi precoce e gli interventi tempestivi (protesi acustiche, impianti cocleari, logopedia) sono determinanti per lo sviluppo comunicativo.
- La Lingua dei Segni Italiana (LIS) è una risorsa culturale e identitaria, riconosciuta ufficialmente come lingua naturale della comunità sorda.
- La didattica inclusiva, il supporto familiare e la collaborazione interdisciplinare sono essenziali per un percorso scolastico equo.
- L’inserimento lavorativo richiede non solo norme, ma anche cambiamenti culturali e ambienti realmente accessibili.
Errori comuni da evitare
- Considerare la sordità come un limite insormontabile, senza valorizzare strategie comunicative alternative.
- Pensare che la diagnosi sia sufficiente senza attivare interventi tempestivi.
- Trascurare l’aspetto psicologico ed emotivo della persona con sordità.
- Affidarsi esclusivamente alla tecnologia, senza integrare supporti educativi e sociali.
Checklist operativa per l’inclusione
- Screening uditivo neonatale e diagnosi precoce.
- Coinvolgimento della famiglia nei percorsi educativi e terapeutici.
- Elaborazione di un Piano Educativo Individualizzato (PEI) realmente personalizzato.
- Utilizzo di LIS, comunicazione totale o altre strategie multimodali a seconda dei bisogni.
- Adozione di strumenti tecnologici affidabili (sottotitoli, traduzioni in LIS, allarmi visivi).
- Promozione di ambienti scolastici e lavorativi accessibili e consapevoli.
Suggerimenti pratici
- In classe, mantenere sempre un contatto visivo e parlare chiaramente.
- Offrire materiali scritti e visivi di supporto per facilitare la comprensione.
- Introdurre momenti di sensibilizzazione alla diversità per tutta la classe o l’ambiente di lavoro.
- Collaborare attivamente con logopedisti, interpreti LIS e altre figure specializzate.
- Favorire occasioni di testimonianza e scambio culturale con la comunità sorda.
Fonti e letture consigliate
- Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) – World Report on Hearing (2021).
- Ministero della Salute – Linee guida sullo screening uditivo neonatale (2017).
- Istituto Superiore di Sanità – Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (ICF).
- Legge 104/1992 – Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate.
- Decreti Legislativi 66/2017 e 96/2019 – Norme per la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità.
- Legge 68/1999 – Norme per il diritto al lavoro dei disabili.
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