Dieta Antinfiammatoria: un aiuto per contrastare le allergie

Introduzione: l’infiammazione cronica un killer silenzioso

Nel cuore della nostra quotidianità, spesso ignari, conviviamo con un nemico invisibile: l’infiammazione cronica di basso grado. Non si presenta con dolore acuto o febbre evidente, ma agisce in sordina, giorno dopo giorno, minando le basi della nostra salute. Diversi studi clinici e ricerche internazionali hanno messo in luce il ruolo chiave che questo stato infiammatorio persistente gioca nell’insorgenza di numerose malattie croniche non trasmissibili: tra queste troviamo patologie cardiovascolari, diabete di tipo 2, obesità, tumori e malattie neurodegenerative come l’Alzheimer.

Questa forma di infiammazione, detta anche “low-grade inflammation”, è sistemica e latente. A differenza di un’infiammazione acuta – risposta immediata e necessaria dell’organismo a un’infezione o un trauma – quella cronica si autoalimenta silenziosamente, contribuendo all’invecchiamento precoce e riducendo drasticamente la nostra healthspan, ovvero gli anni di vita vissuti in buona salute.

La buona notizia? Non siamo in balia del destino. L’infiammazione cronica può essere modulata e ridotta con interventi mirati sul nostro stile di vita. In particolare, l’alimentazione si rivela uno strumento potente ed efficace. La cosiddetta dieta antinfiammatoria non è una moda passeggera, ma un modello alimentare validato dalla ricerca scientifica, capace di agire sui meccanismi molecolari dell’infiammazione e promuovere il benessere sistemico.

In questo articolo esploreremo in dettaglio:

  • Cos’è l’infiammazione e come si sviluppa.
  • I principali sintomi e segnali da non sottovalutare.
  • I meccanismi dell’inflammaging, l’invecchiamento infiammatorio.
  • Le evidenze scientifiche sulle diete anti-infiammatorie più efficaci.
  • Le strategie nutrizionali e gli alimenti funzionali più utili.
  • Consigli pratici per uno stile di vita antinfiammatorio.

Scopriremo come ciò che mettiamo nel piatto ogni giorno possa diventare il nostro miglior alleato nella prevenzione e nella cura delle malattie croniche.

Cosa succede durante un processo infiammatorio

L’infiammazione è un meccanismo biologico antico e vitale. È la risposta del nostro organismo a un danno o a un’aggressione, che può essere provocata da infezioni (batteri, virus, funghi), traumi, sostanze chimiche o perfino cellule tumorali. In condizioni normali, questo processo è transitorio e controllato, volto a eliminare la causa del danno e avviare la riparazione dei tessuti coinvolti.

L’infiammazione acuta: una difesa necessaria

Quando viene rilevata una minaccia, il sistema immunitario innato entra in azione. Le cellule immunitarie come i macrofagi e i neutrofili migrano verso il sito del danno, richiamate da segnali chimici come le chemochine. Qui rilasciano citochine pro-infiammatorie (come TNF-α, interleuchine e prostaglandine) e radicali liberi dell’ossigeno, con l’obiettivo di neutralizzare l’agente patogeno o ripulire i tessuti danneggiati.

Il classico segnale di un’infiammazione acuta comprende:

  • Rossore (vasodilatazione),
  • Calore (aumento del flusso sanguigno),
  • Gonfiore (edema),
  • Dolore (attivazione delle terminazioni nervose),
  • Perdita della funzione (quando il tessuto infiammato non può più operare normalmente).

In molti casi, una volta eliminata la causa scatenante, l’organismo attiva una fase risolutiva, con citochine antinfiammatorie e meccanismi di rigenerazione tissutale.

Ma cosa accade se il processo non si arresta?

Il problema sorge quando questo meccanismo protettivo non si spegne e si trasforma in un’infiammazione cronica. Questa può originare da cause persistenti – come infezioni latenti, stress ossidativo, squilibri ormonali, microbiota intestinale alterato – oppure da stili di vita errati: dieta infiammatoria, sedentarietà, carico tossico da fumo o inquinamento.

Nel caso della low-grade inflammation, l’attivazione immunitaria è più blanda ma costante. Le cellule immunitarie, invece di tornare a riposo, mantengono uno stato di “allerta cronica”, producendo piccole ma continue quantità di citochine infiammatorie. Questo stato può diffondersi in modo sistemico, colpendo anche organi e tessuti distanti dalla sede iniziale del danno. Un esempio paradigmatico è l’infiammazione intestinale che, tramite la permeabilità della barriera intestinale (leaky gut), può indurre risposte infiammatorie in tutto l’organismo.

Questa condizione latente è spesso asintomatica ma ha conseguenze insidiose nel lungo termine. Infatti, numerose ricerche collegano l’infiammazione cronica a uno stress mitocondriale, all’accumulo di radicali liberi e all’attivazione di vie metaboliche dannose, come quelle regolate da mTOR o dalla ridotta attività delle sirtuine, fondamentali per la longevità cellulare.

Inflammaging: l’invecchiamento infiammatorio

Uno degli effetti più studiati dell’infiammazione cronica è il cosiddetto inflammaging, un termine coniato per descrivere l’invecchiamento accelerato indotto dall’infiammazione sistemica. Questo fenomeno è stato messo in relazione a una ridotta attività di geni coinvolti nella longevità, come FOXO, SIRT1, AMPK e PGC-1α, che regolano la risposta antiossidante, la biogenesi mitocondriale e l’autofagia.

Il risultato? Maggiore suscettibilità a malattie degenerative, declino immunitario, accumulo di cellule senescenti e danni tissutali permanenti. L’inflammaging è oggi riconosciuto come una delle principali basi fisiopatologiche dell’Alzheimer, del Parkinson, della sarcopenia e dell’aterosclerosi.

I principali responsabili dell’infiammazione cronica

L’infiammazione cronica non è un evento casuale, ma il risultato di un insieme complesso di fattori ambientali, comportamentali e metabolici che interagiscono tra loro in modo sinergico. Sebbene infezioni croniche e predisposizioni genetiche possano avere un ruolo, oggi è evidente che lo stile di vita moderno è il principale carburante di questo “fuoco silenzioso” che arde dentro di noi.

1. Sedentarietà e inattività fisica

La mancanza di attività fisica regolare favorisce l’accumulo di tessuto adiposo, riduce la sensibilità insulinica e altera il metabolismo energetico. I muscoli, durante il movimento, rilasciano miochine – molecole con effetti antinfiammatori e antiossidanti – come l’IL-10 e l’iridina. L’inattività, quindi, non solo rallenta il metabolismo, ma priva l’organismo di un’importante fonte naturale di “calmanti” biochimici.

2. Alimentazione pro-infiammatoria

Una dieta ricca di zuccheri semplici, farine raffinate, grassi trans, carni processate, sodio in eccesso e additivi chimici può promuovere la produzione di citochine infiammatorie e danneggiare il microbiota intestinale. Al contrario, alimenti ricchi di fibre, polifenoli, omega-3 e antiossidanti agiscono in senso opposto, spegnendo i mediatori dell’infiammazione.

In particolare:

  • I grassi trans e gli oli vegetali raffinati (come l’olio di mais o di girasole in eccesso) aumentano l’ossidazione lipidica e l’attività di NF-κB, un fattore di trascrizione pro-infiammatorio.
  • Gli zuccheri e i picchi glicemici stimolano la produzione di AGEs (prodotti della glicazione avanzata), che promuovono lo stress ossidativo.
  • Gli additivi chimici (come coloranti e conservanti, E102, E110, E122) possono attivare risposte immunitarie in soggetti predisposti e interferire con il metabolismo epatico.

3. Sovrappeso e obesità: il tessuto adiposo come organo infiammatorio

Il grasso corporeo, in particolare quello viscerale, non è un semplice deposito di energia. È un vero e proprio organo endocrino attivo, capace di secernere ormoni, enzimi e citochine infiammatorie – come TNF-α, IL-6 e resistina. L’adiposità viscerale, tipica dell’obesità centrale, è particolarmente pericolosa perché è metabolicamente attiva e costantemente coinvolta nell’attivazione immunitaria.

Questo spiega perché persone in sovrappeso abbiano spesso livelli elevati di PCR (Proteina C Reattiva), un marcatore di infiammazione sistemica. Non è un caso se l’obesità è oggi considerata una malattia a base infiammatoria cronica, non solo una condizione estetica.

4. Disbiosi intestinale

Il nostro intestino ospita trilioni di microrganismi che costituiscono il microbiota intestinale. Questo ecosistema è fondamentale per il controllo dell’infiammazione sistemica. Una dieta povera di fibre e ricca di grassi e zuccheri può alterare questa flora, favorendo la crescita di batteri patogeni che aumentano la permeabilità intestinale (leaky gut). Di conseguenza, endotossine batteriche come il lipopolisaccaride (LPS) possono passare nel circolo sanguigno, stimolando la risposta immunitaria e aggravando l’infiammazione.

Le diete antinfiammatorie basate sull’evidenza: EDIP, DII e CDI

Negli ultimi anni, l’interesse della scienza per l’interazione tra alimentazione e infiammazione ha portato allo sviluppo di modelli dietetici in grado di valutare e modulare l’effetto dei cibi sull’organismo. Due approcci principali, EDIP e DII, sono emersi come strumenti fondamentali per classificare gli alimenti in base al loro potenziale infiammatorio. Da questi è nato un modello integrato, la CDI, che rappresenta oggi uno degli strumenti più completi in ambito nutrizionale antinfiammatorio.

1. EDIP – Empirical Dietary Inflammatory Pattern

Il modello EDIP è stato elaborato sulla base di studi osservazionali e clinici. Si fonda sull’analisi di gruppi alimentari e delle loro associazioni con tre marcatori infiammatori chiave:

  • Proteina C-reattiva (PCR)
  • TNF-α (fattore di necrosi tumorale alfa)
  • Interleuchina-6 (IL-6)

La metodologia si basa su modelli statistici di regressione, che valutano l’associazione tra il consumo di specifici cibi e i livelli ematici di tali marcatori. Secondo l’EDIP, alimenti come carni rosse lavorate, bevande zuccherate, cereali raffinati e cibi fritti aumentano lo score infiammatorio, mentre frutta, verdura a foglia verde, tè, caffè e cereali integrali lo riducono.

2. DII – Dietary Inflammatory Index

Diversamente dall’EDIP, il DII nasce da una revisione sistematica della letteratura scientifica. Analizza l’effetto di circa 45 nutrienti, alimenti, vitamine e spezie su sei marcatori infiammatori, tra cui:

  • IL-1β
  • IL-4
  • IL-6
  • IL-10
  • TNF-α
  • PCR

Questo indice assegna un punteggio positivo (pro-infiammatorio) o negativo (anti-infiammatorio) ai nutrienti in base all’evidenza scientifica accumulata. Ad esempio, grassi saturi, colesterolo, carboidrati raffinati e alcol elevano l’infiammazione, mentre fibra, magnesio, vitamina C, vitamina E, flavonoidi e acidi grassi omega-3 mostrano un potente effetto antinfiammatorio.

Il DII ha dimostrato la sua validità predittiva per diverse condizioni cliniche, tra cui:

  • Sindrome metabolica
  • Diabete mellito
  • Cancro del colon-retto
  • Morbo di Alzheimer

3. CDI – Combined Dietary Inflammation Index

Poiché EDIP e DII utilizzano approcci diversi – uno più empirico, l’altro più teorico – è nata la necessità di un modello integrato, che combinasse i vantaggi di entrambi. È così che è stato sviluppato il CDI (Combined Dietary Inflammation Index), che unisce la precisione teorica del DII con la concretezza epidemiologica dell’EDIP.

Il CDI rappresenta oggi un potente strumento per la definizione di diete personalizzate in grado di:

  • Ridurre l’infiammazione sistemica
  • Migliorare il profilo metabolico
  • Prevenire le malattie croniche

In ambito clinico, il CDI può essere utilizzato per monitorare il progresso terapeutico nei pazienti con patologie croniche, anche come coadiuvante nella medicina integrata e funzionale.

Altre diete con potenziale antinfiammatorio: modelli tradizionali che fanno bene

Oltre agli indici scientifici come EDIP, DII e CDI, esistono numerosi modelli alimentari tradizionali che la ricerca ha riconosciuto per il loro impatto positivo sulla salute e sulla riduzione dell’infiammazione sistemica. Queste diete si sono sviluppate in diverse aree geografiche, ma condividono molte caratteristiche comuni: uso prevalente di alimenti vegetali freschi, basso apporto di zuccheri e grassi saturi, e un buon equilibrio tra nutrienti e micronutrienti funzionali.

1. La dieta mediterranea

Patrimonio culturale immateriale dell’umanità UNESCO dal 2010, la dieta mediterranea è uno dei modelli alimentari più studiati al mondo. Ricca di frutta, verdura, legumi, cereali integrali, olio extravergine di oliva, pesce azzurro e frutta secca, è povera di carni rosse, dolci e alimenti processati. Numerosi studi clinici e metanalisi hanno dimostrato che questo regime:

  • Riduce i livelli di PCR e citochine pro-infiammatorie
  • Migliora il profilo lipidico e glicemico
  • Protegge contro le malattie cardiovascolari, il diabete e il declino cognitivo

L’effetto antinfiammatorio deriva sia dai grassi buoni (acido oleico, omega-3), sia dalla presenza di antiossidanti naturali come i polifenoli (resveratrolo, oleuropeina) e le fibre solubili che modulano positivamente il microbiota intestinale.

2. Dieta vegetariana e vegana

Entrambi i modelli, se ben bilanciati, mostrano una riduzione significativa dei marker infiammatori come IL-6, TNF-α e PCR. Il minor apporto di grassi animali e la maggiore assunzione di fitochimici e antiossidanti (soprattutto flavonoidi e carotenoidi) sembrano giocare un ruolo chiave. Le diete a base vegetale inoltre:

  • Favoriscono un microbiota più diversificato
  • Riducono la produzione di metaboliti pro-infiammatori intestinali
  • Diminuiscono il rischio di malattie autoimmuni e metaboliche

Attenzione però a non cadere nell’errore del “junk vegan”: alimenti industriali vegani, raffinati e carichi di additivi non apportano benefici e possono addirittura peggiorare l’infiammazione.

3. La dieta nordica (scandinava)

Meno nota ma ben documentata, la dieta nordica si basa sul consumo di cereali integrali (soprattutto segale e avena), verdure a radice, pesce grasso del Mare del Nord, legumi, bacche e olio di colza. Studi condotti in Finlandia, Norvegia e Svezia hanno mostrato che questo modello:

  • Migliora la sensibilità insulinica
  • Riduce la pressione arteriosa e i livelli di PCR
  • Ha un impatto favorevole sul profilo infiammatorio e cardiovascolare

L’uso di pesce ricco di EPA e DHA (acidi grassi omega-3 a lunga catena) è centrale nel suo effetto antinfiammatorio.

4. Washoku: la dieta giapponese tradizionale

Il Washoku, patrimonio culturale dell’UNESCO, è la tradizionale dieta giapponese, caratterizzata da:

  • Consumo frequente di pesce, alghe, verdure fermentate (come miso e natto), soia e tè verde
  • Porzioni piccole, elevata varietà e basso apporto calorico
  • Alto contenuto di polifenoli, flavonoidi, fibre e probiotici naturali

L’effetto sinergico di questi componenti ha dimostrato di potenziare la risposta antiossidante e immunitaria, contribuendo a ridurre lo stato infiammatorio e a promuovere la longevità, come testimoniato dalla straordinaria aspettativa di vita della popolazione di Okinawa.

Come trattare e prevenire l’infiammazione cronica attraverso la dieta

Una volta compresa la centralità dell’alimentazione nel modulare l’infiammazione, il passo successivo è tradurre la teoria in pratica quotidiana. La dieta antinfiammatoria non è un piano restrittivo o temporaneo, ma uno stile alimentare sostenibile, piacevole e fondato su scelte consapevoli. Adottare questo tipo di alimentazione non significa solo migliorare il benessere soggettivo, ma anche prevenire (e in certi casi coadiuvare il trattamento di) patologie croniche, rallentare l’invecchiamento biologico e rafforzare il sistema immunitario.

I pilastri della dieta antinfiammatoria

Ecco le linee guida fondamentali da seguire, basate sulle evidenze disponibili e i principi dei modelli dietetici più efficaci:

1. Più vegetali freschi e di stagione

Frutta e verdura colorata sono ricche di antiossidanti naturali (come vitamina C, carotenoidi, flavonoidi, polifenoli) che neutralizzano i radicali liberi e calmano le risposte infiammatorie. Alcuni esempi:

  • Frutti di bosco, ciliegie, melograno
  • Cavolo nero, spinaci, broccoli, cavolfiore
  • Aglio e cipolla (ricchi di composti solforati)
  • Curcuma (associata al pepe nero per migliorare la biodisponibilità della curcumina)
2. Grassi buoni: alleati contro l’infiammazione

I grassi insaturi – in particolare gli omega-3 – sono tra i più potenti antinfiammatori alimentari. Si trovano in:

  • Pesce azzurro (sardine, sgombro, salmone selvaggio)
  • Semi di lino e chia
  • Noci e mandorle
  • Olio extravergine di oliva (ricco di oleocantale, con effetto simile a quello dell’ibuprofene)

È invece importante limitare i grassi saturi (carni rosse grasse, burro, formaggi stagionati) e evitare del tutto i grassi trans industriali (presenti in margarine, prodotti da forno confezionati e fast food).

3. Cereali integrali e legumi

I cereali integrali come avena, orzo, farro, quinoa e riso integrale forniscono fibre, vitamine del gruppo B e composti bioattivi con effetto prebiotico. I legumi (ceci, lenticchie, fagioli) sono una fonte eccellente di proteine vegetali e fitonutrienti, e contribuiscono a mantenere stabile la glicemia, riducendo l’infiammazione postprandiale.

4. Alimenti fermentati e fibre prebiotiche

Il microbiota intestinale è uno dei principali regolatori dell’infiammazione. Alimenti come:

  • Yogurt naturale (senza zuccheri aggiunti)
  • Kefir
  • Crauti non pastorizzati
  • Miso e tempeh
  • Kombucha

…sono ricchi di probiotici. Associarli a fibre prebiotiche (presenti in porri, cipolla, aglio, banana acerba, topinambur) aiuta a nutrire la flora benefica e a rinforzare la barriera intestinale.

5. Limitare zuccheri raffinati e farine bianche

I picchi glicemici generati da questi alimenti stimolano l’infiammazione, aumentano lo stress ossidativo e promuovono l’accumulo di grasso viscerale. Si raccomanda quindi di:

  • Evitare bibite zuccherate, dolci confezionati, pane e pasta industriali
  • Preferire dolcificanti naturali a basso indice glicemico come stevia, eritritolo o modeste quantità di miele grezzo
6. Spezie ed erbe aromatiche

Molte spezie hanno potenti proprietà antinfiammatorie e antiossidanti. Tra le più efficaci:

  • Curcuma, soprattutto in combinazione con pepe nero
  • Zenzero, utile anche per la digestione
  • Cannella, per il controllo glicemico
  • Rosmarino, salvia e origano, per le loro virtù antimicrobiche e antiossidanti

Esempio di giornata tipo anti-infiammatoria

  • Colazione: porridge di avena con mirtilli, semi di lino e cannella
  • Spuntino: una manciata di mandorle e un infuso di zenzero
  • Pranzo: insalata di farro integrale con ceci, rucola, pomodorini, curcuma e olio EVO
  • Merenda: kefir naturale con frutti di bosco
  • Cena: filetto di salmone al vapore con broccoli e patate dolci al forno
  • Dopo cena: tisana con malva e finocchio

Stile di vita antinfiammatorio: oltre il cibo, le abitudini che fanno la differenza

Una dieta bilanciata e ricca di nutrienti è senza dubbio il primo passo per spegnere l’infiammazione silenziosa, ma da sola non basta. Diversi studi multidisciplinari hanno dimostrato che il vero successo nella prevenzione e nella modulazione dell’infiammazione cronica si ottiene con un approccio integrato, che include movimento, riposo, gestione dello stress e igiene ambientale.

Vediamo allora quali sono le strategie extra-alimentari da affiancare a un regime nutrizionale antinfiammatorio.

1. Attività fisica regolare

L’esercizio fisico moderato e costante è una delle medicine naturali più efficaci contro l’infiammazione. Non serve correre una maratona: bastano 30-40 minuti al giorno di camminata veloce, bicicletta, nuoto o ginnastica dolce per:

  • Aumentare l’espressione di citochine antinfiammatorie (come l’interleuchina-10)
  • Ridurre i livelli di PCR e TNF-α
  • Migliorare la sensibilità insulinica e favorire la perdita di grasso viscerale
  • Stimolare la produzione di miochine benefiche da parte dei muscoli

2. Gestione dello stress cronico

Lo stress psico-fisico prolungato è un potente attivatore dell’asse HPA (ipotalamo-ipofisi-surrene) e della cascata infiammatoria mediata dal cortisolo. Tecniche di rilassamento come:

  • Respirazione diaframmatica
  • Meditazione mindfulness
  • Yoga o Tai Chi
  • Bagni caldi con sali di Epsom o oli essenziali

…possono contribuire a ridurre lo stato infiammatorio sistemico, migliorando anche la qualità del sonno e l’umore.

3. Qualità e quantità del sonno

Un sonno insufficiente o frammentato promuove l’attivazione delle citochine pro-infiammatorie e altera i ritmi circadiani del metabolismo. Dormire almeno 7-8 ore a notte, possibilmente andando a letto prima delle 23, è essenziale per mantenere attiva la risposta antiossidante e riparativa dell’organismo.

Per favorire il sonno:

  • Evita gli schermi almeno un’ora prima di dormire
  • Assumi una cena leggera e ricca di triptofano (come uova, avena, legumi)
  • Usa tecniche di rilassamento o suoni naturali prima di coricarti

4. Esporsi alla luce naturale e alla natura

Trascorrere almeno 20-30 minuti al giorno all’aperto, preferibilmente al sole, contribuisce a:

  • Regolare la melatonina e il ritmo sonno-veglia
  • Stimolare la produzione di vitamina D, fondamentale per l’equilibrio immunitario
  • Ridurre i livelli di cortisolo e stimolare la serotonina

Il contatto con la natura – il cosiddetto “forest bathing” – è stato associato a una significativa riduzione dei biomarcatori infiammatori.

5. Evitare sostanze pro-infiammatorie

Infine, è importante limitare l’esposizione a tossine ambientali e sostanze che promuovono l’infiammazione:

  • Evita il fumo di sigaretta, anche passivo
  • Riduci al minimo il consumo di alcol (massimo 1 bicchiere al giorno, preferibilmente vino rosso)
  • Scegli cosmetici e prodotti per la casa privi di parabeni, ftalati e altre sostanze irritanti
  • Prediligi alimenti biologici, senza residui di pesticidi e antibiotici

Conclusioni: risultati attesi e consigli pratici per spegnere l’infiammazione

Spegnere il fuoco dell’infiammazione cronica è possibile. E non serve una terapia farmacologica aggressiva o soluzioni drastiche: bastano scelte consapevoli, costanza e un pizzico di conoscenza. Il percorso verso una salute ottimale inizia nel piatto, ma si estende a tutto ciò che facciamo ogni giorno: come dormiamo, quanto ci muoviamo, come gestiamo lo stress e quali ambienti frequentiamo.

Cosa puoi aspettarti da una dieta e uno stile di vita antinfiammatorio?

  • ✅ Riduzione dei dolori cronici (muscolari, articolari, intestinali)
  • ✅ Miglioramento della digestione e della regolarità intestinale
  • ✅ Perdita di peso più stabile e localizzata soprattutto sul grasso viscerale
  • ✅ Pelle più luminosa, riduzione di acne, dermatiti e arrossamenti
  • ✅ Maggiore energia durante la giornata e minore stanchezza postprandiale
  • ✅ Controllo della glicemia e del colesterolo
  • ✅ Rafforzamento del sistema immunitario
  • ✅ Migliore concentrazione e umore

In poche settimane, potresti già percepire benefici significativi. Nel lungo termine, i vantaggi diventano strutturali e protettivi: meno infiammazione, più longevità sana (healthspan), miglior qualità di vita.

10 consigli pratici per iniziare subito

  1. Riempi il piatto di colori naturali: più verdure e frutta, meglio è.
  2. Sostituisci le farine raffinate con cereali integrali e pseudocereali (come quinoa e grano saraceno).
  3. Usa solo grassi buoni: olio EVO a crudo, frutta secca, pesce azzurro.
  4. Scegli cotture delicate: al vapore, al forno, a bassa temperatura.
  5. Evita il “cibo industriale”: leggi le etichette, limita additivi e conservanti.
  6. Integra spezie funzionali: curcuma, zenzero, rosmarino.
  7. Mangia lentamente, con attenzione e gratitudine: anche questo è antinfiammatorio.
  8. Bevi acqua naturale e tisane antiossidanti (es. tè verde, rooibos, ortica).
  9. Dormi bene e muoviti ogni giorno, anche con una semplice passeggiata.
  10. Coltiva la calma: riduci lo stress con pratiche quotidiane di respiro e relax.

Un cambiamento graduale, ma profondo

Cambiare abitudini può sembrare faticoso, ma la dieta antinfiammatoria non è una rinuncia, bensì una riscoperta. È il ritorno a una cucina genuina, a sapori autentici e a un benessere profondo, che parte dalle cellule e arriva alla mente. Non è un regime rigido né una moda, ma una scelta di cura verso se stessi, con effetti misurabili e duraturi.

Bibliografia

Vedi le fonti utilizzate
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