Senescenza cellulare: un meccanismo che influenza la nostra salute
Un tema poco conosciuto
Il meccanismo della senescenza cellulare è spesso ignorato dal grande pubblico ma è in realtà alla base del nostro invecchiamento e può condizionare profondamente il nostro stato di salute attuale e futuro. Comprendere come funziona la senescenza cellulare e imparare a modularla potrebbe essere la chiave per vivere meglio e più a lungo.
Perché invecchiamo?
Le molecole che compongono ogni cellula iniziano ad accumulare danni nel tempo, e questo deterioramento riduce progressivamente la funzionalità cellulare. Da qui emergono i sintomi dell’invecchiamento: vista meno acuta, perdita di memoria, difficoltà motorie, respiro affannato.
L’invecchiamento, tuttavia, non è localizzato a un solo organo o tessuto: è un fenomeno sistemico, che coinvolge l’intero organismo. Tutti gli organi sono interconnessi e il danno può diffondersi da un distretto all’altro. Questo spiega la frequente multimorbidità nelle persone anziane, ovvero la presenza simultanea di più problemi di salute in diversi organi.
Esiste un modo sano di invecchiare?
La risposta è sì. Numerosi studi dimostrano che determinati stili di vita possono rallentare l’invecchiamento:
- Dieta equilibrata
- Attività fisica regolare, anche intensa
- Stimolazione cognitiva (es. imparare una lingua)
- Gestione dello stress
Al contrario, abitudini scorrette come fumo, alimentazione sbilanciata e stress cronico accelerano l’invecchiamento e aumentano il rischio di patologie. Anche se non possiamo controllare tutto, possiamo agire su molti aspetti della nostra vita per vivere meglio e più a lungo.
Il ruolo della senescenza cellulare
L’invecchiamento ha radici profonde a livello molecolare. Uno dei meccanismi chiave che lo regolano è la senescenza cellulare, un processo naturale attraverso cui le cellule danneggiate smettono di dividersi per evitare la propagazione del danno.
La senescenza è stata osservata per la prima volta negli anni Sessanta da Leonard Hayflick, che notò come le cellule umane in coltura si arrestassero dopo un certo numero di divisioni. Inizialmente osteggiata, questa scoperta ha trovato conferme successive, soprattutto grazie agli studi pionieristici di Judith Campisi, che ha sviluppato metodi per rilevare le cellule senescenti in vivo.
Cellule senescenti: dannose o benefiche?
Le cellule senescenti non si dividono più, ma non sono morte. Rimangono attive e rilasciano una serie di segnali chimici, noti come SASP (Senescence-Associated Secretory Phenotype). Questi segnali possono:
- Richiamare cellule immunitarie
- Favorire il rimodellamento dei tessuti
- Stimolare la riparazione delle ferite
Tuttavia, l’accumulo cronico di queste cellule con l’età porta a conseguenze negative. I segnali rilasciati in modo persistente creano un ambiente confuso e dannoso per le cellule circostanti. Questo può indurre comportamenti cellulari aberranti e contribuire all’insorgenza di patologie.
Un problema sistemico
I segnali del SASP non restano localizzati: molte molecole entrano nel sangue e circolano nel corpo, con effetti sistemici. Questo ha spinto i ricercatori a sviluppare biopsie liquide, ovvero test del sangue che permettono di misurare i livelli di senescenza nell’organismo. Questi test potrebbero aiutare a:
- Diagnosticare l’invecchiamento patologico
- Monitorare l’efficacia di terapie anti-senescenza
Eliminare la senescenza: i risultati nei topi
Studi su modelli animali hanno dimostrato che rimuovendo le cellule senescenti, i topi:
- Vivono più a lungo (fino al 25%)
- Godono di migliore qualità della vita
- Mostrano meno patologie legate all’età
Al contrario, aumentando artificialmente il numero di cellule senescenti in topi giovani, si provoca un invecchiamento precoce. Questi risultati suggeriscono che la senescenza non è solo un effetto, ma una causa dell’invecchiamento.
Dai topi all’uomo: i primi studi clinici
Dopo anni di scetticismo, l’interesse per i farmaci senolitici – in grado di eliminare selettivamente le cellule senescenti – è esploso. Alcune aziende stanno conducendo trial clinici di fase 2 per patologie come la degenerazione maculare, la fibrosi polmonare, l’Alzheimer, e gli effetti collaterali della chemioterapia.
Se questi studi avranno successo, il primo senolitico potrebbe essere approvato nel 2026. Una volta sul mercato, il farmaco potrà essere testato più rapidamente anche per altre patologie, accelerando l’adozione clinica di questo approccio innovativo.
Verso terapie preventive?
L’obiettivo finale è quello di poter utilizzare i senolitici anche in persone sane, per prevenire l’invecchiamento e le malattie correlate. Ad esempio, una terapia ciclica a partire dai 50 anni, somministrata ogni sei mesi, potrebbe mantenere basso il carico di cellule senescenti e rallentare l’invecchiamento.
Tuttavia, i farmaci attuali potrebbero avere effetti collaterali se usati a lungo termine. Il futuro è nella seconda e terza generazione di senolitici, più sicuri e selettivi, capaci di colpire solo le cellule dannose senza interferire con quelle utili, ad esempio coinvolte nella riparazione dei tessuti.
Approcci intermittenti e personalizzati
Una delle strategie più promettenti è quella intermittente: trattamenti ciclici che permettono all’organismo di evitare effetti collaterali associati a una somministrazione continua. Questo approccio è attualmente oggetto di studio clinico e potrebbe rappresentare il miglior compromesso tra efficacia e sicurezza.
Una nuova medicina basata su un meccanismo comune
L’aspetto più rivoluzionario della terapia senolitica è la sua versatilità: un unico farmaco potrebbe avere effetto su più malattie croniche, tutte accomunate dall’accumulo di cellule senescenti. Questo modello rompe con la medicina tradizionale “una malattia – un farmaco”, e apre la strada a una cura sistemica dell’invecchiamento.
Conclusione: scienza, speranza e futuro
La scienza può guidarci verso un invecchiamento più sano, meno doloroso e più dignitoso. Conoscere i meccanismi cellulari ci permette non solo di capire cosa accade nel nostro corpo, ma anche di agire prima, di prevenire e migliorare la qualità della vita.
Il settore della senescenza cellulare è in rapida evoluzione. I primi risultati clinici arriveranno nei prossimi anni e potrebbero trasformare il modo in cui trattiamo l’età e le sue patologie. Serve però sostegno alla ricerca, soprattutto in Italia, dove l’investimento in questo campo è ancora scarso.
Condividere conoscenza, promuovere la ricerca e sostenere l’innovazione sono i passi fondamentali per rendere questo futuro una realtà.
Fonti bibliografiche (clicca per aprire)
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